Fatturazione elettronica

Benzinai, lʼItalia e la resistenza allʼinnovazione

Quanto costa diluire i tempi della modernizzazione?

27 Giu 2018 - 07:58
 © dal-web

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Meglio lʼuovo oggi che la gallina domani… Potrebbe sintetizzarsi così la decisione di rinviare al primo gennaio 2019 lʼobbligo della fatturazione elettronica dai benzinai per le aziende e le partite IVA. Oggi si è evitato lo sciopero dei benzinai (lʼuovo), ma la lotta allʼevasione fiscale che sottosta alla normativa sulla fatturazione digitale viene al momento accantonata.

“Non è stato dato il tempo e gli strumenti per attrezzarsi”, ha detto il ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. Ma cosʼè la fatturazione elettronica? Diciamo subito che non riguarda i privati e gli automobilisti che questʼestate faranno il pieno per andare in vacanza. Riguarda le aziende e le partite IVA (ma non tutte, i piccoli professionisti con redditi sotto i 3.000 euro sono esclusi), che attraverso questo tipo di fatturazione eviteranno di accumulare ogni anno centinaia e migliaia di fatture cartacee per i loro registri contabili. Risparmieranno tempo e soldi ‒ il Politecnico di Milano stima tra 7,5 a 11,5 euro a fattura ‒ e per lo Stato ci sarà certezza di quanto speso dalle aziende per carburanti.

Fortemente richiesta dallʼUnione Europea, anche in chiave trasparenza e dematerializzazione dei documenti, la fatturazione elettronica avrebbe il merito di contrastare più efficacemente lʼevasione fiscale. Ma servono strumenti e sofware che (pare!) non tutte le imprese di distribuzione del carburante oggi hanno. Le aziende che accedono alla fatturazione elettronica obbligatoria devono, infatti, produrre file in formato .Xml e seguire le procedure tipiche delle fatture elettroniche verso la Pubblica Amministrazione. La misura farebbe anche sparire le diffusissime carte carburanti.

E chi non ottempera? Le multe sono salate. Se fosse entrata in vigore la data del primo luglio, le sanzioni sarebbero andate dal 90 al 180% dell’imposta relativa all’imponibile non correttamente documentato. Ma il “decreto dignità”, allʼinterno del quale sarà inserito il rinvio al primo gennaio 2019, potrebbe decidere diversamente.

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