Tassa del 25% su ogni auto che entra in Usa
Dove porterà la guerra dei dazi intrapresa da Trump non lo sa nessuno. Gli scenari, semmai, sono tutti pessimisti, perché vedono “avvitarsi” su sé stesse economie grandi e piccole, con sullo sfondo il rischio di recessione globale. Ne sa qualcosa lʼindustria dellʼauto europea, che ieri ha incassato dal presidente Usa la “tassa del 25% su ogni auto esportata negli Stati Uniti dallʼUnione europea”.
Il panico è legittimo, ma alcuni costruttori europei potrebbero pure far spallucce alle minacce di Trump. Chi vende bene in Usa ha spesso fabbriche oltre Atlantico: FCA e Ford per esempio non hanno bisogno di esportare in Usa le loro vetture, le producono già lì! Ma anche BMW e Daimler-Benz (Mercedes) hanno stabilimenti in Usa e la tassa, allora, si applicherebbe a pochi modelli. E poiché non tutte le Case europee sono presenti sul mercato nordamericano (Peugeot, Renault, Opel, ad esempio), a pagare sarebbero soprattutto i costruttori di auto di nicchia, come Ferrari e Lamborghini, ma anche le tedesche Audi e Porsche e le britanniche Jaguar e di altri marchi di lusso. Insomma, un topolino!
Però la politica di Trump non piace, a prescindere. Perché innesca un meccanismo pericoloso per lʼeconomia mondiale: tu tassi le mie auto, io le tue moto (Harley-Davidson è già stata colpita dalla vicenda); tu i miei prodotti alimentari, io i tuoi jeans… e via di tariffa in tariffa che penalizza gli scambi, il commercio e chi lavora nel settore, per perdite in termini di fatturati e posti di lavoro gravissime. Della situazione ne sono consapevoli anche allʼinterno del governo Usa, con il Segretario al Commercio Usa, Wilbur Ross, che ha espresso posizioni più morbide nei confronti dei superdazi sullʼauto, anche perché i colloqui con la Commissione europea presieduta da Jean-Claude Juncker sono tuttora in corso.
La realtà è che il mondo dellʼauto vorrebbe il libero scambio su scala globale. Proprio ieri il numero uno di Volvo Cars, Hakan Samuelsson, ha chiesto “lʼabolizione dei dazi sullʼexport di auto fra Usa, UE e Cina”. Per unʼazienda come Volvo, svedese ma con stabilimenti produttivi in tanti Paesi e finita nelle mani dei cinesi di Geely, lʼinteresse è palese. Ma siamo sicuri che non convenga a tutti abolire dazi doganali che, alla fine della fiera, non sono altro che prezzi in più che paga il consumatore finale?