Integrando la pensione pubblica, questo strumento permette di mantenere il proprio tenore di vita anche una volta conclusa la carriera lavorativa
donna sorridente, serenità, felicità, © Istockphoto
Il sistema pensionistico italiano ormai da tempo scricchiola sotto il peso di un costante invecchiamento della popolazione e di un tasso di natalità sempre più basso. Se per decenni la previdenza pubblica è stato sinonimo di serenità per il futuro, adesso per molti rappresenta piuttosto un’incognita. Non un caso infatti, che sempre più italiani (oltre 11 milioni a fine 2024), per garantirsi una pensione serena, scelgano di sottoscrivere dei piani di previdenza complementare.
La previdenza complementare è un sistema di risparmio e investimento che si affianca alla pensione obbligatoria, con l'obiettivo di integrare il reddito pensionistico di base. Offrendo la possibilità ai lavoratori di accantonare una parte del proprio reddito e del TFR durante la vita lavorativa, la previdenza complementare garantisce infatti una pensione integrativa, che può colmare eventuali gap tra il reddito percepito durante la carriera e quello che si riceverà al momento del pensionamento.
La previdenza complementare si basa su fondi pensione, che sono degli strumenti di risparmio collettivo e che possono essere di diversi tipi: i Fondi pensione negoziali (fondi creati a livello di contrattazione collettiva, generalmente riservati ai lavoratori di determinate categorie professionali), i Fondi pensione aperti (offerti da banche, assicurazioni e società di gestione del risparmio e aperti a qualsiasi individuo indipendentemente dalla categoria professionale) e i Piani individuali pensionistici (PIP) (una forma di previdenza complementare destinata a chi vuole costruirsi una pensione individuale in modo autonomo, senza aderire a un fondo pensione collettivo).
In generale, il lavoratore che aderisce alla previdenza complementare, versa una parte del suo stipendio mensile ed il proprio TFR a questi fondi, che poi investono le somme in vari strumenti finanziari come azioni, obbligazioni, fondi comuni, ecc. Gli investimenti sono pensati per generare rendimenti nel lungo periodo, incrementando il capitale versato.
Oltre ad assicurare un’integrazione del reddito, e quindi permettere di mantenere un tenore di vita adeguato anche dopo il pensionamento, la previdenza complementare offre anche ulteriori vantaggi. Oltre ad essere una forma di investimento particolarmente flessibile, adattabile alle proprie esigenze e possibilità e modificabile nel corso del tempo, presenta anche una serie di vantaggi fiscali, essendo i contributi versati deducibili dal reddito imponibile.
E proprio gli incentivi fiscali sono un elemento di grande importanza nella valutazione dell’attivazione di uno strumento di previdenza complementare, come spiegato in dettaglio da Simone Bini Smaghi, Vice Direttore Generale di Arca Fondi SGR: “La necessità del risparmio previdenziale è accompagnata dai diversi vantaggi fiscali e non riservati a questo tipo di risparmio. In particolare, la deducibilità dei contributi fino ad un massimo di 5.164, 57€, la tassazione agevolata sui rendimenti al 20% anziché 26%, la tassazione agevolata sulla prestazione, che da un max del 15% si riduce di uno 0,35% per ogni anno di permanenza nel fondo fino ad un minimo del 9%, oppure l’esenzione del bollo. A tutti questi vantaggi fiscali va poi aggiunto che il FPA è esente dalle tasse di successione, impignorabile e insequestrabile e non rientra tra i rapporti finanziari da segnalare ai fini ISEE”.