Le Agenzie per il Lavoro sono uno dei più importanti strumenti per l’accesso al mondo del lavoro, ma a quasi vent’anni dalla loro istituzione continuano a essere oggetto di pregiudizi ingiustificati. Ecco quali sono, e che cosa c’è di vero
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Il lavoro in somministrazione, in quasi vent’anni, ha garantito contratti e stipendi a milioni di italiani e ha formato decine di migliaia di lavoratori per consentire il loro reinserimento, sostenendo la richiesta di lavoro da un lato e quella di flessibilità dall’altro. Le Agenzie per il Lavoro, introdotte in Italia nel 2003 per raccogliere l’eredità delle agenzie interinali sono state, insomma, fondamentali per l’economia del nostro Paese. Tanto che nel 2017, anno del picco di richieste, si sono registrate 2 milioni e centomila contrattualizzazioni con le Agenzie per il Lavoro, pari al 16.8% del totale della domanda di lavoro e al 22.5% di quella a termine.
Eppure sulle Agenzie per il Lavoro e sul lavoro in somministrazione continuano circolare fake news alimentate da pregiudizi totalmente ingiustificati. Per sfatare i quali Assolavoro, l’associazione che riunisce le Agenzie per il Lavoro italiane, ha stilato un “decalogo” dei falsi miti contrapposti alla realtà dei fatti.
Ci sono per esempio fake news sul fatto che per iscriversi alle Agenzie per il Lavoro si debba pagare, oppure che ai lavoratori in somministrazione vengano trattenuti soldi in busta paga per pagare le Agenzie, o ancora che facciano pagare servizi quali la formazione e l’orientamento. In realtà si tratta di servizi che per il lavoratore sono totalmente gratuiti (non solo: la legge vieta espressamente alle Agenzie di richiedere o ricevere compensi dai lavoratori). Il compenso delle Agenzie per il Lavoro, invece, è pagato dalle aziende che utilizzano lavoratori in somministrazione.
La disinformazione non riguarda però solo il lato economico ma anche quello contrattuale: il pregiudizio sulle Agenzie per il lavoro è alimentato anche da false credenze come quella secondo cui viene trovato lavoro solo ai giovani, oppure che vengano proposti solo lavori a termine, o ancora che si abbiano meno possibilità di reimpiego rispetto ai dipendenti diretti, o che vengano offerte solo posizioni per lavori poco qualificati. In tutti i casi, è vero l’esatto contrario: le possibilità di reimpiego, secondo i dati, sono più elevate per i lavoratori in somministrazione, e un lavoratore in somministrazione su quattro è assunto a tempo indeterminato. E per quanto riguarda l’età, oltre un lavoratore su cinque è over 50, mentre in merito alla specializzazione, le figure professionali con skill elevate sono tra le più richieste.
Altre fake news riguardano poi i diritti e la formazione dei lavoratori: si crede che i lavoratori in somministrazione abbiano diritti diversi dai dipendenti diretti, e che la formazione sia di scarsa qualità. Anche in questo caso, è vero l’opposto: i lavoratori in somministrazione non solo hanno gli stessi identici diritti dei dipendenti diretti delle aziende in cui operano, ma hanno anche alcune agevolazioni in più (come quelle di welfare previste dal fondo Ebitemp). E per quanto riguarda la formazione, è finanziata con un fondo apposito (Forma.Temp), e garantisce competenze (anche digitali) all’avanguardia.
Ma ecco, punto per punto, il decalogo stilato da Assolavoro.