Uno studio dell’Università Roma Tre, i cui risultati sono stati presentati in un convegno organizzato con Assolavoro, mette in luce i risultati raggiunti da questi strumento. L’ex ministro Treu: “La creatura è cresciuta”. Ecco i dati del rapporto
Agostino Di Maio, direttore Generale di Assolavoro © Ansa
Il lavoro in somministrazione, introdotto in Italia nel 2003, ha raccolto l’eredità del lavoro interinale creato nel 1997 con il “Pacchetto Treu”. A 25 anni di distanza l’evoluzione di questo tipo di contratto e il suo ruolo all’interno di un mondo del lavoro sempre più dinamico e complesso è stato analizzato da uno studio dell’Università Roma Tre, i cui risultati sono stati presentati il 3 ottobre a Roma nel corso di un convegno organizzato in collaborazione con Assolavoro.
Al workshop ha partecipato anche il “padre” di questa forma contrattuale, l’ex ministro del Lavoro e attuale presidente del Cnel, Tiziano Treu, il quale ha sottolineato come “questa creatura, nata con molte difficoltà, è cresciuta molto nel tempo, non solo con la sua funzione principale di intermediare domanda e offerta di lavoro, ma arricchendosi anche di funzioni istituzionali: ad esempio con l’investimento previsto del 4% dei salari in formazione e con gli enti bilaterali”. Quello delle Agenzie per il Lavoro, ha chiarito Treu, è così “diventato un sistema di operatori polifunzionali presenti sul mercato del lavoro. E questo ha permesso di rafforzarsi, di resistere agli shock economici: ha dimostrato di essere un’istituzione resistente, in cui i lavoratori presi in carico, anche quando si tratta di contratti a termine, in realtà sono molto più stabili dei lavori normalmente sul mercato”.
I dati dello studio confermano infatti il profondo mutamento, nel corso di questi 25 anni, del lavoro in somministrazione, che da possibilità esclusivamente di tipo temporaneo è diventato uno strumento di stabilità occupazionale. “Benché inizialmente il ricorso al lavoro in somministrazione si sia rivelato prevalentemente destinato a contratti a termine e con un peso residuale sull’intero mercato del lavoro italiano – rileva infatti il rapporto – dopo circa vent’anni dalla sua istituzione, tale istituto si è fortemente evoluto rispondendo alle principali sfide e riforme del mercato del lavoro italiano e internazionale. Il peso sull’intera domanda di lavoro è fortemente cresciuto nel tempo, così come il numero stesso di lavoratori occupati in somministrazione, non soltanto a tempo determinato. Infatti, ad oggi più di un quinto dei lavoratori in somministrazione ha un contratto di somministrazione a tempo indeterminato”.
La domanda di lavoro in somministrazione in Italia, sottolinea il report, “ha mostrato un continuo e costante aumento dal 2010 sino al 2018. In meno di dieci anni il numero medio di contrattualizzazioni annuali è quasi raddoppiato, passando dalle 96 mila del 2010 alle 180 mila del 2017”, ma il settore è stato particolarmente influenzato dal quadro normativo di riferimento, che, rileva lo studio, “ha fatto registrare modificazioni sostanziali”. Sia con il decreto Poletti sia con agli interventi del Jobs Act, chiarisce il rapporto, “la domanda di lavoro in somministrazione ha risposto sempre in modo positivo alle riforme del mercato del lavoro. Nel primo caso a beneficiarne maggiormente sono stati i contratti a tempo determinato, mentre nel secondo quelli a tempo indeterminato”.
Più recentemente, “la stretta normativa attuata con il decreto Dignità ha inciso in maniera significativa sul concreto utilizzo della somministrazione” e in seguito alla riforma “la domanda in somministrazione ha subito una forte contrazione” che ha però riguardato “principalmente i contratti stagionali di breve e brevissima durata, gli stessi che avevano fortemente ‘gonfiato’ la domanda nei mesi antecedenti”. La contrazione è stata invece minima “per i contratti di maggior durata mentre altri sono anche cresciuti, così com’è avvenuto per i contratti di somministrazione a tempo indeterminato”.
Per quanto riguarda le caratteristiche dei lavoratori in somministrazione, lo studio dell’Università Roma Tre sottolinea che “tra le professioni con il maggior numero di lavoratori in somministrazione al primo posto per il 2021 troviamo il personale non qualificato addetto allo spostamento e alla consegna merci con in media quasi 50 mila lavoratori”: il motivo è legato anche alla forte crescita dell’e-commerce durante il periodo della pandemia, che “ha riversato una forte domanda sulle attività di magazzinaggio e logistica, dove la somministrazione ha offerto un supporto importante”.
Nonostante la somministrazione venga utilizzata “in larga misura in professioni di tipo low-skill”, però, negli ultimi anni, sottolinea lo studio, “è fortemente aumentato il ricorso al lavoro tramite Agenzia anche per assecondare una domanda di professioni altamente qualificate. Dai dati osservati emerge, quindi, come attraverso la somministrazione, possano trovare collocazione lavorativa anche soggetti in possesso di elevata qualificazione professionale”.
Infine, il rapporto chiarisce che la somministrazione si dimostra uno strumento utile per l’accesso al mondo del lavoro da parte dei giovani ma anche per “una maggiore stabilità in termini di maggior persistenza nel mercato del lavoro” grazie a tassi di rientro a breve termine decisamente superiori rispetto a contratti direttamente subordinati.
In definitiva, sottolinea Silvia Ciucciovino, ordinaria di Diritto del Lavoro e coordinatrice dell’Osservatorio “Il lavoro in somministrazione in Italia” presso il dipartimento di Economia dell’Università Roma Tre, i dati dello studio restituiscono “una fotografia molto approfondita del fenomeno della somministrazione, da cui emerge un contributo rilevantissimo di questo strumento per la partecipazione al mercato del lavoro, in modo particolare per i giovani al primo ingresso nel mercato del lavoro”. Ma il rapporto mette in luce anche “dati non scontati: cioè che attraverso la somministrazione di lavoro si ha una maggiore persistenza nel mercato del lavoro e una maggiore probabilità di rioccupazione una volta terminato un rapporto di lavoro”.
Una lettura condivisa dal direttore Generale di Assolavoro, Agostino Di Maio, secondo il quale “il mercato del lavoro è sempre più transizionale e le persone attraversano varie fasi: da un lavoro a un altro, o da uno stato di disoccupazione a uno stato di lavoro. Quindi l’Italia si deve dotare di una rete di servizi che possa assistere le persone in questo percorso”. Assolavoro, da parte sua, auspica “che questa rete possa nascere da una cooperazione pubblico-privato nella quale ciascuno metta le proprie competenze e le proprie capacità per affrontare un mercato del lavoro che è diventato molto complesso, perché è attraversato da fenomeni importanti come l’evoluzione tecnologica, l’obsolescenza delle competenze e la nascita di nuovi lavori che si accompagna alla scomparsa di lavori vecchi”.