L’Open Innovation permette alle aziende di ridurre i costi dei processi di innovazione e di avere accesso costante a nuove idee e tecnologie
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Nuove tecnologie, ma anche evoluzione delle strategie, dei processi, e dei modelli di business. L’innovazione oggi rappresenta un complesso di cambiamenti costanti con cui un’azienda deve fare i conti per rimanere competitiva sul mercato. Un insieme di trasformazioni che comporta molteplici sfide, primo fra tutti la sostenibilità finanziaria del processo.
Innovare un’azienda è un processo complesso, che, coinvolgendo vari settori e figure, può comportare costi significativi, soprattutto se gestito internamente.
Secondo uno studio di PwC, le aziende leader spendono in media il 5% delle loro entrate in Ricerca e Sviluppo (salari per il personale specializzato, attrezzature, materiali e altre risorse necessarie). A questo va sicuramente aggiunto il costo della formazione del personale, che deve essere costantemente aggiornato. Si passa poi ai necessari investimenti in infrastrutture adeguate e tecnologie avanzate, che possono includere laboratori, software e hardware specifici. Infine non si possono non inserire nella colonna dei costi le risorse aziendali che dovranno essere impiegate nel processo di innovazione e che così potrebbero essere sottratte ad altre attività.
A fronte delle difficoltà che presenta un processo di innovazione gestito internamente, la soluzione arriva dalla cosiddetta Open Innovation, ovvero un approccio strategico a cui le aziende ricorrono, grazie a strumenti e competenze tecnologiche che arrivano dall’esterno, in particolare da startup, università, istituti di ricerca, fornitori, inventori, programmatori e consulenti.
Secondo un’analisi del Polimi, nel corso del 2023, confermando un trend di crescita, l’86% delle grandi aziende italiane ha intrapreso iniziative di Open Innovation. E, nonostante una diffusione più lenta, anche le Pmi guardano sempre più a questo approccio. Trend positivo in questo contesto per le collaborazioni che le aziende siglano con le startup: se nel 2018 erano scelte nel 10% dei casi, nel 2023 la quota è salita al 20% e nel quinquennio 2024-2029, secondo un manager su tre, si prevede che saranno tra le principali fonti di innovazione.
L’Open innovation presenta una serie di vantaggi per le aziende, rendendo più sostenibili finanziariamente i progetti di Ricerca e Sviluppo, non necessitando di personale ultra specializzato e limitando la spesa per le infrastrutture.
Un approccio però che non si limita a creare un vantaggio economico, ma che dà la possibilità alle imprese di accedere a un vasto bacino di idee innovative e tecnologie emergenti, grazie alla collaborazione con i diversi partner esterni e di accelerare il percorso di innovazione, rendendo le aziende stesse maggiormente capaci di adattarsi ai cambiamenti del mercato.
“Creare un sistema aperto, solido, inclusivo, è questo lo sforzo che ci sta chiedendo il mercato nell’approccio verso l’Open Innovation – commenta Carlotta Caprioli, Responsabile SCO Coordination & Open Innovation Crédit Agricole Italia – ed è esattamente con questo obiettivo che abbiamo iniziato a costruire la nostra rete dei Village by CA: un network che guarda all’innovazione da un punto di vista internazionale, per arrivare, attraverso la collaborazione, a portare nuovo valore in tutti i territori. Con le strutture dei Village Crédit Agricole Italia intende rispondere alle esigenze del tessuto imprenditoriale, attraverso le voci delle startup più promettenti, affiancandole e favorendone lo sviluppo”.