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Alessandro Sallusti su "Chi": "Così il giudice Palamara mi ha rivelato come Berlusconi fu vittima della magistratura"

"Non esisteva più un confine netto tra la legittima difesa degli interessi della magistratura e l’uso strumentale della giustizia per fini politici di una parte della magistratura"

10 Feb 2021 - 11:50
 © ansa

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Il caso Ruby, l'inchiesta Tarantini, i processi Mediaset, il lodo Mondadori, il direttore de "Il Giornale", Alessandro Sallusti racconta in un articolo scritto in esclusiva per il settimanale "Chi" le sconvolgenti verità che gli ha rivelato il giudice Luca Palamara, ex Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati ora radiato dalla magistratura, sul "sistema" alla base della peggior offensiva giudiziaria mai vista in Italia: quella contro Silvio Berlusconi.

"Da Palamara sappiamo", scrive Sallusti, autore del 'Il Sistema. Potere, politica, affari: storia segreta della magistratura italiana' (Rizzoli) "che nella primavera del 2008, alla vigilia delle elezioni che, caduto Prodi, videro trionfare il Centrodestra, i vertici della magistratura italiana si riunirono al motto di 'Se torna Berlusconi dobbiamo tornare tutti in campo', cosa che diede il via alla più grande offensiva giudiziaria contro un premier democraticamente eletto".

"Non esisteva più un confine netto tra la legittima difesa degli interessi della magistratura e l’uso strumentale della giustizia per fini politici di una parte della magistratura, con copertura e protezione del suo partito politico di riferimento, il Pd". Quella “parte della magistratura” è la corrente di Magistratura Democratica: "Alla quale", racconta Palamara, "io lascio mano libera nel fare opposizione feroce a Berlusconi".

E' da questo patto scellerato che nasce la stagione delle inchieste a raffica contro il Cavaliere. Un patto che Palamara non nasconde essere stato condiviso da importanti giornali ("La vera separazione delle carriere", sostiene nell'intervista "dovrebbe essere quella tra giornalisti e magistrati") e benedetto e condiviso dall’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "con il quale mi consultavo spesso". Così come imbarazzo provocò la sentenza del giudice Mesiano che condannò Berlusconi a risarcire a Carlo De Benedetti 750 milioni per il lodo Mondadori: "Tra le tante difese che ho fatto", racconta Palamara "dei giudici che hanno condannato Berlusconi, quella di Mesiano è stata certamente la meno convinta: quella cifra appariva oggettivamente esagerata rispetto a tanti parametri".

Sulla condanna definitiva di Berlusconi dell’agosto 2013 da parte della corte di Cassazione presieduta dal giudice Antonio Esposito, Palamara racconta di essere venuto a conoscenza da uno dei colleghi che facevano parte di quel collegio, il giudice Franco, di “forti pressioni” per ottenere una sentenza di condanna. E svela che quando l’anno successivo la commissione disciplinare del Csm fu chiamata a decidere se punire Esposito per alcuni suoi comportamenti, la decisione fu di assolverlo, contro il parere di molti, "perché condannarlo avrebbe voluto dire mettere in discussione anche la sentenza su Berlusconi e questo non era assolutamente possibile, nessuno aveva la forza di provare a riscrivere la storia".

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