Il 14 luglio di 75 anni fa, dalla Sicilia arrivò a Roma con l'intento di colpire il leader comunista. In lui vedeva il simbolo dell'Urss: non si pentì mai di quel gesto, pur giudicandolo "umanamente ripugnante"
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Antonio Pallante, l'attentatore di Palmiro Togliatti, è morto nella sua casa di Catania, a 99 anni: il 14 luglio 1948, nel tentativo di uccidere il leader del Partito comunista italiano, Pallante esplose contro Togliatti quattro colpi di pistola; tre andati a segno. Il decesso è avvenuto a luglio, ma la notizia è trapelata soltanto oggi, 2 gennaio, dai familiari. Avrebbe compiuto cento anni il prossimo 23 agosto. "Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché da studente vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l'Urss", spiega il figlio.
La sparatoria avvenne a Roma, vicino la Camera dei deputati, da dove il "Migliore", come era soprannominato Togliatti, era appena uscito in compagnia di Nilde Iotti, che rimase illesa. Pallante, che partì armato da Randazzo, nel Catanese, dove viveva, agì da solo spinto, disse, dalla paura del pericolo dell'espansione del comunismo in Italia. Non si è mai più occupato, almeno pubblicamente di politica, e non si è mai ufficialmente pentito del suo gesto, che giudicava "umanamente ripugnante", ma allora pensava che fosse la cosa giusta da fare per salvare il Paese dal rischio comunista. Il tentato omicidio, commesso dopo la vittoria della Democrazia cristiana alle politiche del 1948, portò l'Italia a un passo dalla guerra civile.
Ci furono forti manifestazioni di piazza che spinsero Togliatti, ferito alla nuca e al torace, a rilasciare un'intervista dal Policlinico di Roma, dove era stato operato, per tranquillizzare tutti. "Sono fuori pericolo", disse il leader del Pci, "assicurando a tutti i compagni" che presto sarebbe "tornato al suo posto". La Cgil guidata da Di Vittorio sospese lo sciopero generale annunciato e i parlamentari del Partito comunista italiano ritirarono le loro dimissioni. A riportare la tranquillità sociale, si ipotizzò, contribuì anche la quasi contemporanea vittoria di Bartali di una tappa e poi del Tour de France.
Ex seminarista e poi componente membro della Gioventù Italiana del Littorio per poi fare campagna elettorale nel 1948 per il Blocco Democratico Liberal Qualunquista, un piccolo partito nato da una scissione del movimento antipolitico Fronte dell'Uomo Qualunque, Pallante era un oscuro 24enne studente fuoricorso di Giurisprudenza ed era spinto all'epoca, sostenne poi, da un estremo nazionalismo. Dopo la sparatoria fu arrestato dai carabinieri e disse di avere acquistato l'arma a Randazzo e di essere arrivato a Roma con l'obiettivo di assassinare Togliatti. Un primo tentativo, compiuto il 13 luglio del 1948, il giorno prima dell'attentato, era andato a vuoto perché non era riuscito a farsi ricevere nella sede della segreteria del Pci, in via Botteghe Oscure.
Processato per tentativo di omicidio fu condannato a 13 anni e otto mesi di reclusione. La pena in secondo grado fu ridotta a dieci anni e otto mesi. Dopo l'intervento della Cassazione e a un'amnistia scontò cinque anni e tre mesi di carcere e fu scarcerato nel 1953. Dopo avere lasciato la prigione, non essendo stato interdetto dai pubblici uffici, trovò lavoro alla Forestale, come suo padre, e poi alla Regione Sicilia senza interessarsi più, almeno pubblicamente, di politica.