Mentre incalza la polemica sul tempismo della misura cautelare, emergono nuovi dettagli dell'accusa: secondo i pm i coniugi creavano cooperative ad hoc per sostenere gli oneri delle società di famiglia. Lunedì l'interrogatorio davanti al gip
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"Hanno messo al gabbio mia madre, di più non potevano fare. Ora loro hanno finito e inizio io". Così l'ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, torna sull'arresto dei genitori e spiega che c'è una "campagna di odio contro di me... Lo sanno anche i sassi dove vogliono andare a parare. Però è da vigliacchi mettere in mezzo la mia famiglia". E sottolinea che la decisione di porli ai domiciliari è "solo per lo spettacolo mediatico".
Polemica sui tempi della misura cautelare. Tra le cose che l'ex premier contesta anche il tempismo dell'arresto: "Tanto di cappello per il capolavoro mediatico dell'arresto di due settantenni qualche minuto prima delle sette di sera e per l' oscuramento dell' esito del voto dei 5 Stelle". Una polemica politica che in realtà è cavalcata da molti in queste ore, giudicata dagli uffici giudiziari "infondata e pretestuosa". L' ultima informativa presentata dalla Guardia di Finanza è datata 5 luglio 2018, viene consegnata al procuratore aggiunto Luca Turco, che il 28 ottobre - con il visto del procuratore Giuseppe Creazzo - deposita la richiesta nell' ufficio del gip. L' esame delle carte processuali dura quasi quattro mesi, un lasso di tempo ritenuto "congruo" dai pubblici ministeri. La Procura entra in possesso del provvedimento il 14 febbraio, ma l' ordine viene notificato agli indagati - quattro giorni dopo - il 18 febbraio, alle 18.53: orario insolito, giustificato da un viaggio che Massone avrebbe dovuto effettuare proprio in questi giorni.
Le accuse dei pm. Laura Bovoli e Tiziano Renzi (accusati di false fatturazioni e bancarotta fraudolenta) avrebbero "fatto sparire qualsiasi documentazione societaria delle cooperative fallite" per nascondere i mancati versamenti delle imposte e le fatture per operazioni inesistenti. L'inchiesta, coordinata dal procuratore capo Giuseppe Creazzo e dall'aggiunto Luca Turco, avrebbe scoperchiato un modus operandi usato dai Renzi per agevolare le loro società di famiglia che potevano "attingere" dalle cooperative della manodopera necessaria senza gravarsi di oneri previdenziali ed erariali. Tra le carte ci sono mail e verbali utilizzati per sostenere la contestazione di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. Una, in particolare, è stata inviata da Renzi nel 2015 e rappresenta per i magistrati una sorta di "confessione" sulle procedure usate per nascondere gli illeciti. Ma allegati agli atti ci sono anche i verbali di dipendenti e soci che svelano come il sistema sia stato messo in piedi per proteggere le società di famiglia - prima fra tutte appunto la Eventi 6 - scaricando tutti i debiti sulle coop Delivery, Europe Service e Marmodiv che in questo modo venivano poi portate al fallimento. E che - questo sottolineano i magistrati - avrebbe consentito alla società capofila "tra il 2014 e il 2018 di far crescere il volume d' affari da uno a sette milioni di euro".
Il fallimento della prima cooperativa. Tutti gli oneri finanziari che avrebbero dovuto affrontare le società di famiglia finivano nelle cooperative create dai Renzi, i cui amministratori di fatto, erano sempre Tiziano e Laura Bovoli. Gli stessi che poi, sempre per l'accusa, gestivano l'abbandono quando le cooperative raggiungevano uno stato di difficoltà economica ed erano sature di debiti. Finì così la vita della Delivery service, la prima delle tre cooperative finita sotto il mirino della procura, quella dalla quale ha preso poi il via l'inchiesta. A chiederne il fallimento furono alcuni dipendenti. Dopo la Delivery a nascere e fallire nel giro di pochi anni fu l'Europe Service e, ultima, e ora avviata verso la stessa fine anche la Marmovid.
Gli amici degli amici nelle finte cooperative. Per dimostrare la costituzione fittizia delle cooperative il giudice cita le testimonianze di "alcuni dei soci costitutori": "Lavinia Tognaccini, che all'epoca dei fatti era studente presso l' Istituto di Belle Arti, fu contattata da Tiziano Renzi, amico della sua famiglia e, nutrendo fiducia nell'uomo, si era recata su sua indicazione dal notaio senza chiedere particolari spiegazioni. Ettore Scheggi, che all'epoca dei fatti era neomaggiorenne, si è recato presso lo studio notarile su indicazione di Gioia Palai (deceduta), amica della madre. Cristina Carabot, nipote degli indagati Bovoli e Renzi, ha partecipato alla costituzione della cooperativa su richiesta di un uomo di cui non sapeva indicare le generalità, ha versato una somma per la costituzione della società ma non ricorda quanto (si tratta di 14.800 euro); di non aver mai svolto il ruolo di amministratore; di aver lavorato da casa per la predetta cooperativa ricevendo buste paga. Irene Fusai ha partecipato alla costituzione della cooperativa, ma non ha ricordato il nome della persona che le aveva fatto la proposta e di aver svolto "qualche lavoretto" per la societa Chili della famiglia Renzi".