L'ex capogruppo Fiorito, indagato per peculato, mette in piazza le magagne del suo accusatore. Ed elenca le ricevute di raffinati simposi politici e di ricchi regali di Natale
© Ansa
La Procura di Roma indaga l'ex capogruppo Pdl Franco Fiorito per peculato. Ma lui non ci sta e, per vendicarsi contro i compagni di partito, mette in piazza le loro magagne. Il suo successore, Franco Battistoni, lo aveva accusato rendendo pubbliche le sue spese, compresi bonifici con soldi del partito e conti correnti aperti in Spagna. E Fiorito lo ripaga con la stessa moneta, dicendo che Battistoni chiedeva rimborsi per ostriche e cene principesche.
Era Battistoni, dice Fiorito, a presentare ricevute da 7mila euro per acquistare vini raffinatissimi. E sempre sue erano le fatture per cene per due da Ottavio, a Santa Croce in Gerusalemme. Il menù: ostriche francesi, moscardini, crudo misto, fragolino.
Fiorito non si limita al suo accusatore Battistoni e allarga il cerchio. Ci sono molti altri pidiellini che non badavano a spese, con i soldi del partito. Nel dossier compare per esempio il nome di Veronica Cappellaro, presidente della commissione regionale Cultura. Per pagare le cene sociali del Pdl ha avuto bisogno di 32mila euro soltanto nel 2011, sempre nello stesso ristorante, Pasqualino al Colosseo. E la foto pubblicata sul sito dalla stessa Cappellaro è costata 900 euro.
Tutte informazioni che Fiorito ha potuto recuperare avendo gestito per due anni e mezzo il gruppo Pdl alla Regione Lazio. Ed ecco che spuntano ricevute che gli venivano presentate dai suoi consiglieri per il rimborso sulle spese dei regali di Natale. Qualche esempio: due bottiglie di Paul Goerg brut Rosé o di Taittinger Millesimée, una Magnum di Primitivo. E poi, cravatte di seta di Marinella e sciarpe lana-seta da 230 euro l'una. Sulla fotocopia della ricevuta si scriveva un "ok" e i soldi venivano rimborsati.
Lui, Fiorito, risulta già iscritto nel registro degli indagati della Procura di Roma per aver trasferito in due anni 800mila euro dai conti del partito a quelli personali. Ma la sua tesi accusatoria nei confronti dei colleghi è quella del "così fan tutti".
E, se in questa vicenda a dominare sono le vendette e i rancori personali, è però certo che la cultura del risparmio non sia il punto forte dei politici della Regione Lazio. Che noleggiano stampanti al costo di 3mila euro l'anno e che saldano 6mila euro per 200 coperti in ristoranti che arrivano al massimo a 170 indicando sulla brochure una disponibilità per 40 posti.
Per non parlare dei contributi assegnati ai simpatizzanti. Come i 71mila euro versati una tantum all'associazione del Viterbese "Progresso e innovazione". Bastava indicare sull'evento "campagna di promozione territoriale delle politiche regionali in favore dei giovani" perché il partito non badasse a spese. Tanto, "così fan tutti".