"Se l'Italia non avesse accettato la norma si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema era al fallimento", spiega il ministro dell'Economia, che poi si scusa e precisa: "Nessuna accusa, espressione infelice"
© ansa
Quando in Italia fu introdotto il bail-in, che prevede che siano azionisti, obbligazionisti e correntisti a pagare in caso di crisi della banca, "erano tutti contrari ma il ministro di allora, Fabrizio Saccomanni, fu praticamente ricattato dal ministro delle Finanze tedesco". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, spiegando che "se Roma non avesse accettato, si sarebbe diffusa la notizia che il nostro sistema bancario era al fallimento".
Tria ha ripetuto di essere favorevole all'abolizione del bail-in ma ha rilevato che "non vedo la possibilità che in tempi brevi possa essere abolito".
Il ministro dell'Economia ha poi però precisato di non aver accusato nessuno e di aver utilizzato "un'espressione evocativa, ma infelice". Il Mef ha riferito che Tria in Senato "ha voluto fare riferimento a una situazione oggettiva in cui un rifiuto isolato dell'Italia di approdare la legislazione europea sul bail-in avrebbe potuto essere facilmente interpretato come un segnale dell'esistenza di seri rischi nel sistema bancario italiano. Con questo il ministro non intendeva certamente lanciare un'accusa specifica né alla Germania né al ministro delle Finanze tedesco dell'epoca".
Dall'Ue, sulla questione dei rimborsi per le banche in crisi, "finora c'è stata solo una richiesta di informazioni su una serie di punti, a cui noi abbiamo preparato una risposta in difesa della legge con un'interpretazione che consenta di non violare le norme comunitarie", ha poi affermato il titolare dell'Economia. "Quindi abbiamo preparato una bozza di decreto che avalla questa interpretazione", ha spiegato.
Secondo Tria "c'è una situazione che può portare alla disgregazione dell'Europa, ma io penso che bisogna rafforzarla". Il ministro ha osservato che la gestione della "rete di protezione sociale viene lasciata alle politiche nazionali" ed è quindi "chiaro che in questo modo si creano scontri e incompatibilità sui bilanci nazionali".
In ambito europeo, ha sottolineato, "nelle discussioni sulle leggi di bilancio, nessuno può entrare nel merito delle scelte di politica economica, nelle singole misure, anche se poi è chiaro che qualche Paese può dire una cosa o l'altra".