Con 82 sì, 60 no e 5 astenuti, l'Aula del Senato evita il processo per diffamazione aggravata al leader della Lega. L'avvocato dell'attivista tedesca: "È l'insindacabilità dell'insulto"
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Il Senato ha negato la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini per le opinioni espresse su Carola Rackete, l'ex comandante della Sea Watch 3, la nave della ong tedesca che nel 2019 soccorse 53 migranti nel mare libico ed entrò nelle acque territoriali italiane nonostante il divieto del ministero dell’Interno. "È l'insindacabilità dell'insulto", ha commentato il legale dell'attivista.
La decisione del Senato è stata presa con 82 voti a favore, 60 no e 5 astenuti. L'Aula ha accolto la relazione della Giunta delle immunità del 28 febbraio 2023, che ritiene le parole di Matteo Salvini coperte da insindacabilità. A sua volta, la Giunta si era espressa sugli atti del tribunale di Milano, dove il leader della Lega era accusato di diffamazione aggravata. Hanno votato contro Pd, M5s e Avs. Si è astenuta Iv e la maggioranza si è espressa a favore.
La vicenda, come detto, riguarda il salvataggio nella zona "SAR" della Libia, cioè quel tratto di mare nella cui area di competenza lo Stato è tenuto a prestare soccorso, di 53 migranti su un barcone alla deriva. Era il 29 giugno del 2019. Dopo averli caricati a bordo, la nave comandata da Carola Rackete li portò in Italia. Lo sbarco avvenne contravvenendo i reiterati ordini di alt imposti da una motovedetta della Guardia di Finanza ed entrando in collisione con la stessa durante le ultime fasi dell’attracco. Nell’immediatezza dei fatti Rackete fu arrestata per resistenza a pubblico ufficiale e resistenza o violenza contro nave da guerra. Il gip di Agrigento negò la convalida l’arresto. L’ordinanza fu successivamente confermata dalla Corte di Cassazione.
L'avvocato dell'attivista tedesca, Alessandro Gamberini, ha immediatamente reagito alla decisione del Senato di negare la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, che era a processo per diffamazione davanti al Tribunale di Milano. "Che dire?", ha detto, "notizia attesa e scontata. È interessante notare come il Parlamento abbia ritenuto un'opinione espressioni come 'zecca tedesca', che qualificano chi le pronuncia ben più di una donna che è stata costretta a subirle".