Il deputato renziano si è espresso a favore dell'idea di registrare il documento degli utenti per eliminare gli haters, ma il M5S è contrario: "non vogliamo uno Stato di polizia"
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“Da oggi al lavoro per una legge che obblighi chiunque apra un profilo social a farlo utilizzando un documento d'identità. Poi prendi il nickname che vuoi (perché è giusto preservare quella scelta) ma il profilo lo apri solo così”: questa la proposta annunciata su Twitter dal deputato di Italia viva Luigi Marattin, che ha suscitato forti polemiche tra gli utenti. Molti infatti sostengono che questo tipo di provvedimento non sia la strada giusta per eliminare il fenomeno degli haters dai social.
Anche il M5S ha preso le distanze da Marattin: "Sareste contenti se per andare in piazza o al bar con gli amici vi chiedessero ogni volta di identificarvi?" si legge sul Blog "La misura metterebbe a rischio i dati sensibili di milioni di utenti. Non vogliamo uno Stato di polizia".
Una legge che contrasti l’impunità dell’anonimato - L'economista renziano aveva ripreso un post pubblicato dal regista Gabriele Muccino, che ha twittato: “Subito, al più presto, occorre una legge che obblighi chiunque apra un account social a registrarlo solo tramite l'invio di un documento d'identità. Sapremo solo così chi si nasconde dietro la rete commettendo reati penali sotto l'impunità dell'anonimato”. “Io penso abbia ragione, e lavorerò in parlamento per questo. Chi mi aiuta?”, commenta Marattin. Il deputato però è stato fortemente contestato sia sul Blog del M5S che dagli utenti di Twitter.
Il M5S prende le distanze - "Dobbiamo arginare il fenomeno delle fake news e degli odiatori seriali sul web che si nascondono dietro falsi profili, certo" si legge nel Blog pentastellato, "Ma la proposta del deputato di Italia Viva ricorda ben altri periodi della storia e non certamente una società democratica di stampo occidentale". "Per riuscire ad arginare le notizie e i profili falsi è necessario invece rafforzare i compiti e i poteri investigativi della polizia postale, che ha gli strumenti anche normativi adatti ma poco personale considerando la rilevanza del fenomeno. E puntare sulla prevenzione e l'educazione all'uso consapevole dei media, anche on line. Su questo l'impegno della Ministra Pisano che ieri ha annunciato di voler seguire il tema va nella giusta direzione".
Cosa sono IP e MAC address? - Le critiche rivolte al deputato dai suoi follower sono diverse, alcuni utenti contestano il fatto che l'inserimento di un documento non sia necessario a identificare gli haters: “Capisco che parole come IP e MAC address per voi non significhino molto, ma forse sarebbe più utile dotare la Polizia Postale di mezzi adeguati, visto che rispondono sempre di non poter fare nulla”, si legge in un commento.
In teoria, infatti, non sarebbe facile mantenere un vero e proprio anonimato in rete: quando navighiamo siamo identificati da un indirizzo IP (Internet Protocol), che indica esattamente dove si trova il device collegato al web. E’ poi possibile navigare nascondendo l’IP, e quindi la propria identità, ma questo è un diritto umano sancito dalle Nazioni Unite per difendere la libera manifestazione del dissenso (come hanno ricordato diversi utenti). Il MAC address (Media Access Control address) però, è un codice assegnato a ogni scheda di rete ethernet o wireless prodotta, che diventa quindi una specie di impronta digitale del dispositivo. Quando ci colleghiamo a una rete informatica, utilizziamo una scheda di rete che comunica il suo MAC address al router, il dispositivo di rete che consente il collegamento, lasciando quindi una traccia del PC.
Una proposta davvero utile e fattibile? - Se la Polizia Postale avesse le risorse e i mezzi per intervenire ed esistesse una legislazione adeguata, dicono coloro che protestano contro l'idea di Marattin, risalire all’autore di commenti offensivi attraverso IP e MAC non sarebbe facile ma comunque possibile. Il MAC address è infatti considerato un dato personale a tutti gli effetti ai sensi della disciplina comunitaria e nazionale in materia di protezione dei dati, quindi il fornitore del servizio Internet (Alice, Fastweb, Infostrada, Telecom etc) al momento lo può solo memorizzare.
Il progetto di Marattin incontrerebbe poi una serie di resistenze da parte degli utenti: come si può chiedere ai 30 milioni di italiani già iscritti di inserire questi dati? E quanti sarebbero disposti a farlo dopo lo scandalo di Cambridge Analytica?
Gli haters non sempre sono anonimi - Qualcuno sostiene poi: “la tua ignoranza informatica è imbarazzante. Invece di fare leggi per alfabetizzare informaticamente già dalle scuole, dotare degli strumenti di comprensione e diffonderli, invochi quella che tradotta si chiama censura inapplicabile, ed è contro la carta dei diritti di Internet”. Si potrebbe notare infatti che i duecento odiatori che ogni giorno offendono la senatrice Liliana Segre, sono quasi tutte persone non solo individuabili dalla Polizia Postale ma che non provano neanche a nascondere la propria identità, utilizzando profili personali. Secondo molti utenti quindi, un approccio educativo sarebbe il primo passo fondamentale per debellare il fenomeno.
Ma Marattin tira dritto - “Io credo che prima di partire a testa bassa si debba parlare con esperti del settore i quali, sembra evidente, hanno già detto che è un po’ una stupidata inutile e pericolosa. Sarebbe stato bello scrivere mi metto al lavoro solo dopo aver sentito tutti i pro e contro. Rifacciamo?”, chiede un altro utente. Ma la replica di Marattin non sembra prendere in considerazione le obiezioni: “Come si arrabbiano eh, quando annunci di voler far qualcosa per impedire che il web rimanga la fogna che è diventato (una fogna che sta distorcendo le democrazie, invece che allargarle e rafforzarle). Si mettano l'animo in pace. Il limite è stato superato, ed è ora di agire”.