Il piano nazionale del CRAD coinvolge tutta la società: dall'educazione alla religione, dalla politica alle forze di polizia
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Con 251 voti favorevoli (103 contrari e 13 astenuti) la Camera ha approvato l’istituzione del Centro nazionale sulla radicalizzazione (CRAD) presso il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del ministro dell’Interno. Una svolta culturale per il nostro antiterrorismo, sia perché non ha ancora subito le drammatiche dinamiche di radicalizzazione viste oltralpe, sia per i nuovi attori coinvolti in questo obiettivo: oltre al contrasto poliziesco, si vuole infatti far collaborare varie parti dello Stato (fondamentale il ruolo della scuola) e della società civile (in primis le comunità islamiche, ma anche il mondo dell’accoglienza e le società di Internet).
Il CRAD: l’istituzione del Centro nazionale sulla radicalizzazione, nata dagli onorevoli Stefano Dambruoso e Andrea Manciulli, è stata approvata presso il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del ministro dell’Interno con 251 voti favorevoli su 373. Provvedimento considerato inefficace da Forza Italia, Lega e M5S, che hanno votato contro. Il CRAD dovrà elaborare, annualmente, il piano strategico nazionale di prevenzione dei processi di radicalizzazione e di adesione all'estremismo violento di matrice jihadista.
Il nostro Paese vuole opporsi all’evoluzione del terrorismo jihadista, in particolare dopo l’avvento di Daesh, e l’aumento negli ultimi anni in tutto l’Occidente del numero di simpatizzanti sempre più giovani. L’Italia ha infatti visto partire per la Siria e l’Iraq più di 100 musulmani (molti di loro italiani), indottrinati dalla potente macchina di propaganda di Isis.
Cosa contempla? Viene istituito in Parlamento un Comitato per il monitoraggio dei fenomeni di radicalizzazione e dell’estremismo violento di matrice jihadista sul territorio nazionale, con particolare attenzione alle problematiche inerenti alle donne e ai minori. Il piano coinvolge figure istituzionali, componenti della magistratura, delle forze di polizia, di ministri di culto e di operatori sociali. La legge prevede anche interventi di comunicazione: attività nelle scuole e nelle università e prevenzione della radicalizzazione nelle carceri.
Per gli indottrinati, il ministero della Giustizia prevede l’adozione di un Piano nazionale per garantire ai soggetti detenuti o internati un trattamento penitenziario che tenda, oltre che alla rieducazione, anche al recupero umano, sociale, culturale e professionale di soggetti già radicalizzati.