Il premier sulle nuove misure "decise sulla base dei dati in miglioramento": "Riaperture definitive con comportamenti corretti". Con il Def e lo scostamento si fa "una scommessa sul debito buono". Dl Sostegni: già pagati 3 miliardi dal 30 marzo
"Abbiamo deciso di anticipare la reintroduzione delle zone gialle dal 26 aprile, dando precedenza alle attività di ristorazione all'aperto, sia a pranzo sia a cena". Lo ha annunciato il premier Mario Draghi, dopo la cabina di regia sulle nuove misure anti-Covid, parlando di "rischio ragionato". "Si può guardare al futuro con prudente ottimismo e fiducia, ma bisogna mantenere comportamenti corretti", ha aggiunto.
Rischio fondato sui dati - Sulle riaperture Draghi ha spiegato che il governo ha preso "un rischio ragionato, un rischio fondato sui dati che sono in miglioramento" con una probabilità "molto bassa che si debba tornare indietro". Questo perché "la campagna di vaccinazione va bene, con tante sorprese positive e qualcuna negativa e questo è stato fondamentale per prendere le decisioni" sulle riaperture. Le decisioni del governo sulle riaperture "rispondono al disagio delle categorie, operatori, famiglie, ragazzi, e portano a maggiore serenità nel Paese e pongono le basi per un rilancio economico ma anche sociale".
Speranza: "Meno rischi all'aperto" - Sulla stessa linea anche il ministro della Salute, Roberto Speranza. "Il principio che utilizzeremo in questa fase caratterizzata dalla gradualità si basa su dato: nei luoghi all'aperto riscontriamo una difficoltà significativa nella diffusione del contagio. Applicheremo questo principio nell'ambito della ristorazione e non. Auspico che il quadro epidemiologico migliorerà per programmare ulteriori aperture per le attività che non si svolgono all'aperto", ha detto.
Draghi e il "debito buono" - Draghi ha poi aggiunto che con il Def e lo scostamento si fa "una scommessa sul debito buono. Franco ha enunciato il Def e l'entità dello scostamento, 40 miliardi. Non merita attenzione solo la cifra ma il percorso di rientro dal deficit, che è poco meno del 12%, solo nel 2025 si vedrà il 3%. Questa è una scommessa sulla crescita: se la crescita sarà quello che ci attendiamo da tutti questi provvedimenti, dal piano di investimento, dal Pnrr, dalle riforme, pensiamo che non servirà una manovra correttiva negli anni a venire. Il processo si traduce in un'uscita dal debito per effetto della crescita", ha spiegato il premier.
Dl Sostegni, già pagati 3 miliardi dal 30 marzo - A proposito del decreto Sostegni, il premier ha detto che "è segnato dalla rapidità dei pagamenti: dal 30 marzo a oggi sono stati pagati due miliardi nella prima settimana e nella seconda un miliardo, ma i pagamenti non sono ancora terminati".
Sostegno umanitario alle persone e concreto alle aziende - Lo logica di questi interventi, secondo il premier, "è di due tipi: il primo è un sostegno alle persone, umanitario, a chi ha perso tutto non per colpa loro, un altro serve a evitare che le imprese che magari poi si riprendono chiudono per mancanza di liquidità o sostegni o vengano comprate da qualcuno che si presenta all'improvviso. Ci saranno sicuramente settori industriali o di servizi che con i cambi che stanno avvenendo non avranno più mercato, in quel caso si tratta di assistere la transizione. Ma oggi prevalgono le prime due considerazioni", ha detto.
La difesa di Speranza - Draghi ha parlato anche dell'operato del suo ministro della Salute. Le critiche al ministro Speranza dovevano trovare pace fin dall'inizio perché non erano né fondate né giustificate: ho già detto - mi secca doverlo dire in sua presenza - che lo stimo e l'ho voluto io nel governo".
Speranza: "Chi rifiuta AstraZeneca va in coda" - Chi rifiuta il vaccino va in coda ma io invito a vaccinarsi perché tutti i vaccini sono efficaci e sicuri", ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza. "Il crollo di fiducia in AstraZeneca nei dati non lo vedo", ha precisato Draghi.
Sbloccate 57 opere da 83 miliardi - Intanto il governo ha affidato a 29 commissari straordinari il difficile compito di gestire progetti e lavori impantanati da anni nella palude della burocrazia. Si tratta di 16 infrastrutture ferroviarie, 14 stradali, 12 caserme per pubblica sicurezza, 11 opere idriche, 3 infrastrutture portuali e una metropolitana (per un totale di 57 opere) e potranno avere un ruolo determinante per abbattere il gap infrastrutturale del nostro Paese e ancora di più quello tra nord e sud: la parte più consistente degli interventi, infatti, proprio al Mezzogiorno sarà concentrata, con 36,3 miliardi impegnati mentre quelli per il Centro Italia valgono circa 24,8 miliardi e quelli per il Nord 21,6. Si tratta di opere già finanziate per circa 33 miliardi di euro ai quali dovranno essere aggiunte ulteriori risorse nazionali ed europee, compreso il Next Generation EU.
© Ansa
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