Il sottosegretario parla di una sentenza politica e dice: "Resto fino all'ultimo grado di giudizio"
"Io sto al mio posto e continuerò a farlo in virtù del principio di non colpevolezza fino all'ultimo grado di giudizio". Lo afferma il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro delle Vedove, il giorno dopo la condanna a 8 mesi di reclusione per il reato di rivelazione del segreto d'ufficio, in relazione al caso dell'anarchico Alfredo Cospito. Delmastro evidenzia come la sua condanna sia arrivata "dopo tre richieste di assoluzione della Procura, credo di essere nel Guinness dei primati". Intervistato a Il Corriere della Sera il sottosegretario parla di una sentenza politica: "È un dato di fatto che il collegio fosse fortemente connotato dalla presenza di Md (la corrente di sinistra, ndr) anche dopo la sostituzione di un componente avvenuta due udienze fa".
Il Pd lo accusa di mancare di onore e ne chiede le dimissioni. "Il mio onore è aver difeso il carcere duro e l'ergastolo ostativo. Nella mia visione manca di onore chi parla con terroristi e mafiosi", replica Delmastro. L'opposizione accusa Delmastro di aver usato segreti di Stato come manganelli contro le opposizioni. "Non erano segreti di Stato né carte riservate. Da quel palazzo di giustizia sono uscite altre carte, invece, classificate 'riservate' dai servizi segreti", prosegue.
"Sono stato condannato contro ogni ragionevole certezza della mia estraneità ai fatti, confermata dai pm. Ho sempre creduto nella giustizia e voglio ostinatamente continuare a farlo - sottolinea il sottosegretario -, attendo trepidante le motivazioni per proporre appello. Certo che ci sarà un giudice a Berlino".
"Siamo sconcertati nel constatare che ancora una volta il potere esecutivo attacca un giudice per delegittimare una sentenza. Siamo disorientati nel constatare che il ministro della Giustizia auspica la riforma di una sentenza di cui non esiste altro che il dispositivo. Sono dichiarazioni gravi, non consone alle funzioni esercitate, in aperta violazione del principio di separazione dei poteri, che minano la fiducia nelle istituzioni democratiche". È il commento della giunta dell'Anm con riferimento alle reazioni del governo alla sentenza che ha condannato il sottosegretario Delmastro.
"Per aver un giudice terzo non occorre andare a Berlino", aggiunge la giunta dell'Anm, sottolineando che è proprio questo caso giudiziario a evidenziare come non serva separare le carriere dei magistrati. "Per dimostrare l'inutilità della separazione delle carriere, basta osservare la vicenda processuale che si è conclusa con la condanna in primo grado del sottosegretario Delmastro - scrive infatti la giunta -. Alla richiesta di archiviazione del pm un giudice ha ordinato l'imputazione, e alla richiesta di assoluzione di un pm il Tribunale ha pronunciato condanna. Questo dimostra, come l'Anm sostiene da sempre, che il pm può chiedere l'assoluzione, nonostante la sua carriera non sia separata da quella del giudice, e che il giudice non è succube del pm".