Il trasloco di Alfano agli Esteri, le new entry verdiniane e gli spostamenti tattici. Per il presidente del Consiglio incaricato formare la sua squadra è un rebus, ma con le ore contate
Cambiare o non cambiare? E' davanti a questo dilemma che si trova il presidente del Consiglio incaricato Paolo Gentiloni alle prese con la stesura della lista dei ministri da portare al Quirinale. L'ex ormai ministro degli Esteri sta per concludere il suo giro di consultazioni per dare vita al suo "governo di responsabilità" da portare al giuramento. Resterà nel segno di Renzi per non smentire quanto fatto in mille giorni o il pegno da pagare a Denis Verdini di Ala peserà maggiormente nella nuova squadra? Sembra tramontato definitivamente Piero Fassino ma il totoministri continua, pur se con le ore contate.
Cambio per Alfano? E' sulla sorte dell'attuale ministro dell'Interno Angelino Alfano che si gioca la partita più importante. Grosse sarebbero le possibilità che venga spostato agli Esteri, ereditando la poltrona dell'attuale presidente del Consiglio. Se così fosse, per il Viminale si fa avanti da new entry il sottosegretario Marco Minniti che lascerebbe le deleghe ai Servizi Segreti al renziano di ferro Luca Lotti verso la riconferma a sottosegretario a Palazzo Chigi.
Attaccati alla poltrona Nessuno scossone, pare, per Pier Carlo Padoan all'Economia, Maurizio Martina all'Agricoltura, Graziano Delrio alle Infrastrutture, Roberta Pinotti alla Difesa, Andrea Orlando alla Giustizia, Carlo Calenda allo Sviluppo economico, Dario Franceschini alla Cultura, Beatrice Lorenzin alla Salute.
Assicurare la continuità di quanto fatto Continuità è l'imperativo al quale sembra dover rispondere Gentiloni. Non sarebbe, cioè, possibile smentire quanto fatto e auto-incensato in questi mille giorni di governo Renzi. Così il volto di punta del passato esecutivo, Maria Elena Boschi, non dovrebbe lasciare la squadra di governo, anche se c'è la possibilità che cambi poltrona, dopo la sonora bocciatura della sua riforma costituzionale e il mancato passo indietro che l'avrebbe fatta uscire dai palazzi romani. Per lei si parla del ministero delle Pari Opportunità, con la definitiva cancellazione del dicastero delle Riforme. Al suo posto, ai Rapporti con il Parlamento, snodo chiave per la legge elettorale, la new entry Anna Finocchiaro. Un altro nome da tenere, in attesa della pronuncia della Consulta sulla riforma della pubblica amministrazione, sarebbe quello di Marianna Madia: per qualcuno è salda alla Funzione pubblica, per altri la partita sarebbe aperta con Piero Fassino, che non sembra essere uscito definitivamente dai giochi. Grossa incognita al Lavoro: per la difesa a spada tratta del Jobs Act sarebbe opportuna una riconferma di Giuliano Poletti, ma sempre più insistenti si fanno i nomi dell'attuale viceministro allo Sviluppo Teresa Bellanova e di Tommaso Nannicini, sottosegretario a Palazzo Chigi.
Fatti fuori Non ci sarebbe posto, secondo alcuni beninformati, per Stefania Giannini, Gian Luca Galletti ed Enrico Costa. Ecco chi potrebbe sedere alla loro poltrona: all'Istruzione, dopo il no di Gianni Cuperlo, è avanti Marco Rossi Doria, primo maestro di strada, insegnante elementare, già sottosegretario con Monti e Letta, su Francesca Puglisi e Marcello Pera, quest'ultimo con Giuliano Urbani, voluto da Verdini. All'Ambiente Gian Luca Galletti potrebbe lasciare il testimone a Ermete Realacci, ex presidente di Legambiente e grande amico di Gentiloni. Via Enrico Costa dal ministero per gli Affari Regionali e le Autonomie: Verdini ha chiesto Riccardo Mazzoni, senatore toscano vicino anche a Lotti.