Draghi interrompe la visita al Prado per... chiamare Conte
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Tocca al voto della Camera sul decreto Aiuti, ma tutto si deciderà giovedì al Senato. Qui il decreto verrà votato insieme alla fiducia, e per ora la presenza del M5S non è affatto certa
È una settimana ad alto rischio per governo e maggioranza quella che sta per cominciare. Il primo appuntamento è fissato lunedì 11 luglio con il voto della Camera sul decreto Aiuti. Gli occhi sono tutti puntati sul Movimento Cinque Stelle e soprattutto su Giuseppe Conte, dalle cui mosse future potrebbe dipendere la tenuta dell'esecutivo.
Sebbene il premier Draghi abbia finora teso la mano ai Cinque stelle - e alle loro nove condizioni per restare nell'esecutivo - non si placano i venti di crisi. In realtà, l'appuntamento alla Camera dell'11 luglio è quasi una formalità, per il voto sul decreto Aiuti: essendo stata già votata la fiducia a Montecitorio anche dai deputati Cinque Stelle, anche qualora domani - come probabile secondo molti - quest'ultimi si astenessero dal voto finale, il decreto Aiuti risulterebbe comunque già approvato.
Più delicato sarà il passaggio in Senato, atteso probabilmente per la giornata di giovedì. In quell'occasione il voto su decreto e fiducia sarà unico e per ora le azioni dei Cinque Stelle sono tutt'altro che prevedibili. Prima di quell'appuntamento, Conte attende infatti un segnale da Draghi: impegni su reddito di cittadinanza, superbonus e salario minimo. "Non restiamo per farci schiaffeggiare - conferma il presidente del Movimento - aspettiamo risposte vere e concrete, il documento non è una farsa. Con il reddito di cittadinanza molti hanno potuto sottrarsi al ricatto delle mafie". D'altronde, allo stato attuale, il premier Draghi sarebbe pronto ad aprire alle richieste di Conte, in particolare sul salario minimo, pur di avere la fiducia.
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Così, se da una parte tra le forze politiche prende piede la convinzione che prima o poi Conte strapperà in ogni caso, forse non in estate ma a inizio autunno, dall'altro mediatori e pontieri sono al lavoro per rinsaldare la maggioranze. Tra questi, ci sono in prima fila i dem Francesco Boccia e Dario Franceschini. Intanto, il ministro pentastellato delle politiche agricole, Stefano Patuanelli, lo dice apertamente: "Con la scissione di Di Maio la maggioranza è solida anche senza di noi", e a proposito del voto a Palazzo Madama, "giovedì in Senato potremmo lasciare l'aula - rincara Patuanelli - dipende dai segnali che avremo."