Teleconferenza tra gli inquirenti egiziani e quelli italiani. La famiglia del ricercatore ucciso: "E' stato un incontro fallimentare"
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"Chi sosteneva che la migliore strategia con gli egiziani per ottenere verità fosse la condiscendenza, che fare affari, vendere armi e navi di guerra, stringere mani e guardare negli occhi gli egiziani fosse funzionale ad ottenere collaborazione giudiziaria, oggi sa di aver fallito. Richiamare l'ambasciatore è l'unica strada percorribile". Lo affermano i genitori di Giulio Regeni giudicando "fallimentare" l'incontro tra pm romani e egiziani.
"Offensive le richieste dei pm de Il Cairo su Giulio" - "Gli egiziani non hanno fornito una sola risposta alla rogatoria italiana sebbene siano passati ormai 14 mesi dalle richieste dei nostri magistrati. E addirittura si sono permessi di formulare istanze investigative sull'attività di Giulio in Egitto. Istanze che oggi, dopo quattro anni e mezzo dalla sua uccisione, senza che nessuna indagine sugli assassini e sui loro mandanti sia stata seriamente svolta al Cairo, suona offensiva e provocatoria". Lo affermano i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudia e l'avvocato Alessandra Ballerini in una nota.
Egitto chiede informazioni su attività di Giulio - Nel corso della videoconferenza tra i magistrati di Roma e Il Cairo, gli inquirenti egiziani hanno chiesto informazioni sulle attività del ricercatore torturato e ucciso nel 2016. Il procuratore generale egiziano "ha formulato - si legge in una nota diffusa dalla procura di Roma - alcune richieste investigative finalizzate a meglio delineare l'attività di Giulio Regeni in Egitto". Nella nota si sottolinea che il procuratore egiziano "ha ribadito la ferma volontà del suo Paese e del suo ufficio di arrivare a individuare i responsabili dei fatti e per questo ha affermato che l'incontro ha costituito un passo decisivo nello sviluppo dei rapporti di collaborazione con l'auspicio di raccoglierne esiti fruttuosi".
Procuratore di Roma: "Chiarire ruolo soggetti vicini a indagati" - Nella rogatoria inviata circa un anno e mezzo fa dai pm di Roma alle autorità egiziane si chiedeva di "mettere a fuoco il ruolo di altri soggetti della National Security che risultano in stretti rapporti con gli attuali cinque indagati". E' la novità contenuta nella nota diffusa dalla Procura.
Farnesina: "Serve rispetto, ora valuteremo" - Sulla vicenda si sono espresse anche fonti del ministero degli Esteri: "Forte delusione per l'esito dell'incontro tra le due procure. Esigiamo un cambio di passo. E soprattutto esigiamo rispetto per la famiglia Regeni. La Farnesina, dopo l'incontro di oggi, trarrà le sue valutazioni".
Il Cairo: "Roma vedrà la nostra trasparenza" Immediata la replica de Il Cairo. "Il procuratore generale (egiziano) conferma al procuratore di Roma la 'serietà' delle misure riguardanti l'omicidio di Regeni e (il fatto che) 'la Procura di Roma toccherà con mano la trasparenza della squadra di inquirenti egiziani e il suo desiderio di giungere alla
verità nel prossimo periodo".
Palazzotto: "Fino ad ora da Egitto solo depistaggio" - "Non abbiamo motivo di essere fiduciosi perché fino ad ora da parte egiziana sono arrivati soltanto tentativi di depistaggio e di coprire la verità. Inoltre, le ultime notizie, della consegna degli oggetti che appartenevano a Giulio Regeni, che poi in realtà erano oggetti di uno dei tentativi di depistaggio, ci dice che da parte egiziana non arrivano segnali positivi. Per cui anche noi non siamo molto fiduciosi". Lo afferma Erasmo Palazzotto, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla morte di Giulio Regeni. "Non c'è - prosegue - solo il diritto, da parte della famiglia Regeni ad ottenere giustizia. Ci sono anche la dignità e la credibilità internazionale del nostro Paese che sono in gioco. L'Italia non può essere un paese che non protegge la vita dei propri cittadini e soprattutto non ottiene giustizia quando uno dei propri cittadini viene ucciso barbaramente dagli apparati di un altro Stato".