Contro le norme che rendono più semplici i contratti a termine e apprendistato, il sindacato guidato da Susanna Camusso si è messo di traverso. Bonanni: "La Cgil sbaglia"
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Il governo difende il decreto lavoro, ma la Cgil e da ultimo la minoranza del Pd chiedono che il Parlamento possa apportare modifiche. Contro le norme che rendono più semplici i contratti a termine (senza causale per tre anni e senza obbligo di pause, con proroghe fino ad otto volte nei trentasei mesi) e apprendistato, la Cgil si è messa di traverso. "Non accettiamo diktat dalla Camusso", è stata la replica del ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, risponde che il leader della Cgil "sbaglia". Mentre l'ex ministro del Lavoro e presidente dei senatori Ncd, Maurizio Sacconi, avverte che il dl non si tocca o la maggioranza non regge. Sel boccia il provvedimento e in serata Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi ed esponente della minoranza del Pd, apre una spaccatura nel partito di maggioranza relativa e replica nettamente a Sacconi. "Il decreto che riguarda apprendistato e contratto a termine - dice il presidente della commissione Lavoro della Camera - dovrà essere convertito in sede parlamentare e potrà, quindi, essere modificato.
La filosofia del prendere o lasciare non sta scritta da nessuna parte". Il serata poi una crepa si crea anche nel sindacato con il leader della Cisl che rispondendo a Camusso afferma che sui contratti a termine "sbaglia a mettersi" contro mentre invece bisogna fare una battaglia "sì unitaria per abolire le false partite Iva i co.co.pro e i co.co.co" che non hanno garanzie. Sul fonte sindacale contrario al dl si è detto anche il segretario della Fiom, Maurizio Landini, convinto che porterebbe solo maggiore precarietà.
Il numero uno del sindacato di corso d'Italia insiste però e chiede che ora sia il Parlamento a cambiare il primo decreto del Jobs act, che è "contraddittorio rispetto agli annunci" dello stesso premier, "che parlavano di tutela del lavoro e di fiducia per i giovani: invece - sostiene - si sta determinando un cumulo di situazioni precarie".
Il ministro del Lavoro assicura che le sue sono "preoccupazioni sbagliate", convinto che, dice in una intervista al Messaggero, "dopo che l'azienda ha investito per tempi lunghi su quel lavoratore è più facile che il rapporto si stabilizzi. Stiamo dando delle opportunità in più, sia ai lavoratori sia alle aziende". A lui, ex presidente di Legacoop, si rivolge, poi, Camusso con un invito: "Provi a vedere il decreto dalla parte del lavoratore per una volta e non da quella delle imprese".
Sulla questione interviene anche Lupi: "Non accettiamo diktat dalla Camusso. Il governo ha il compito e il dovere di dare risposte a chi lavora, a chi non lavora, agli imprenditori per permettere loro di crescere e dare lavoro. Quindi come Camusso ha gradito e condiviso la diminuzione delle tasse e la restituzione di 80-90 euro a chi ne ha meno di 1.500, allo stesso modo potrà gradire o non gradire, ma il governo andrà avanti nel dare flessibilità e permettere ai giovani di lavorare". Replica il numero uno della Cgil: "Ognuno può esprimersi come vuole, ma deve sapere che il tema della rappresentanza sociale non si esorcizza".
E se Sacconi avverte che "nel complesso equilibrio della corposa manovra economica il decreto legge sul lavoro rappresenta un elemento decisivo in sè e per la nuova prospettiva che apre" e che quindi l'esame parlamentare, "al di là degli aggiustamenti al margine, dovrà confermare questa impostazione pena la tenuta della maggioranza", dal fronte politico opposto, il presidente di Sinistra ecologia libertà, Nichi Vendola, giudica "pesantemente negativa l'idea di rendere compiuto e totalitario il processo di precarizzazione del mercato del lavoro".