Da due anni, dall'uscita cioè dal Movimento 5 Stelle, il parlamentare scrive a Grasso sollecitandolo di "liberarlo" dall'incarico per poter tornare al suo lavoro. Invano
E' il quarto "No" in due anni quello che il senatore ex M5s Giuseppe Vacciano riceve dai suoi colleghi al quarto tentativo di dare le dimissioni da parlamentare. E la vicenda diventa kafkiana: Vacciano è così ostaggio della casta, non può tornare al suo lavoro alla Banca d'Italia e riceverà quel vitalizio che non vuole. Con che numeri i suoi colleghi hanno deciso della sua sorte? L'Aula di Palazzo Madama ha respinto stavolta con 138 no, 65 sì e 9 astenuti.
Il primo tentativo di Vacciano di lasciare il Senato risale al 22 dicembre 2014, dopo l'abbandono del Movimento 5 Stelle per motivi di dissenso legati alla nascita del "direttorio". Da allora, inseritosi nel Gruppo Misto, Vacciano è - suo malgrado - tra i 608 parlamentari al primo mandato che perderebbero il vitalizio se la legislatura non arrivasse al fatidico 24 settembre 2017. Vitalizio che respinge con tutto se stesso.
E così non si arrende: in questi due anni, quasi tutti i mesi, ha scritto al presidente del Senato Pietro Grasso e a tutti i capigruppo per sollecitarli a "liberarlo" e consentirgli così di tornare al suo impiego alla Banca d’Italia. Niente da fare: il voto è segreto, non c’è vincolo di mandato e i suoi colleghi non vogliono lasciarlo andare.
Ma perché i colleghi senatori continuano a negare la "libertà" a Vacciano? Il suo posto sarebbe subito coperto dalla prima dei non eletti tra i Cinque Stelle, Maria Ziantoni da Ariccia della circoscrizione Lazio, e questo potrebbe alterare i già precari equilibri numerici di Palazzo Madama.