Le dimissioni con una lettera al premier: "Certa della mia buona fede". Fonti della maggioranza: "Gravissimo che Federica non ci abbia detto chi era e che cosa faceva il fidanzato"
Il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi si dimette con una lettera al premier dopo la diffusione della notizia delle indagini sul compagno, Gianluca Gemelli, e di un'intercettazione che la coinvolge su un emendamento "sospetto". "Caro Matteo sono certa della mia buona fede e della correttezza del mio operato. Credo tuttavia necessario, per una questione di opportunità politica, rassegnare le mie dimissioni da incarico di ministro".
"Continuerò come cittadina e come imprenditrice - si conclude lo scarno comunicato del ministro Guidi - a lavorare per il bene del nostro meraviglioso Paese".
Ma il premier, furioso dopo aver saputo i dettagli del caso, definisce il ministro "indifendibile". E fonti di maggioranza sottolineano che "è gravissimo che Federica non ci avesse detto chi fosse e che cosa facesse il fidanzato": così, da Palazzo Chigi si è fatto capire alla titolare del Mise che avrebbe dovuto rassegnare tempestivamente le dimissioni.
Poi, in una dichiarazione pubblica, Renzi si è rivolto alla Guidi dicendo di aver "molto apprezzato il tuo lavoro di questi anni. Serio, deciso, competente. Rispetto la tua scelta personale sofferta, dettata da ragioni di opportunità che condivido: procederò nei prossimi giorni a proporre il tuo successore al capo dello Stato".
Gemelli, da parte sua, si è detto "estraneo ad ogni condotta illecita" e ha "chiesto al Procuratore della Repubblica aggiunto presso il tribunale di Potenza di poter chiarire la mia posizione". Il compagno dell'ormai ex ministro, 41enne imprenditore di Augusta e commissario di Confindustria a Siracusa, ha quindi espresso "piena fiducia nel lavoro dei magistrati che ritengo essere in questa fase i miei unici interlocutori".
Nell'inchiesta, che ha portato a 6 arresti e al blocco della produzione dell'Eni in Val D'Agri come conseguenza di due sequestri nel centro oli di Viggiano, la Guidi non è iscritta agli atti, mentre il fidanzato Gianluca Gemelli risulta indagato. Ma a far scattare le dimissioni è stata una telefonata tra i due, in cui il ministro si impegna a far approvare un emendamento per sbloccare un impianto in località Tempa Rossa, nel Potentino.
L'intercettazione al centro della bufera risale a fine 2014: "E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato, se è d'accordo anche Maria Elena, quell'emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte", dice la Guidi al compagno. Il ministro si riferisce a un emendamento che il governo stava per inserire nella legge di stabilità relativo ai lavori per il centro oli della Total in contrada Tempa Rossa, a Corleto Perticara nel Potentino. Allo sblocco di quei lavori Gemelli stesso, che guida due società del settore petrolifero, ha interesse. La "Maria Elena" citata è ovviamente il ministro per le Riforme Boschi. Subito dopo aver parlato con la Guidi, Gemelli telefonò a un dirigente di una società petrolifera e lo informò dell'emendamento, già bocciato una volta, per "sbloccare Tempa Rossa: la chiamo - dice - per darle una buona notizia".
L'inchiesta dei magistrati di Potenza riguarda lo smaltimento illecito di rifiuti nel centro oli dell'Eni di Viggiano e casi di corruzione per la costruzione del centro oli della Total a Corleto Perticara. Sono circa sessanta le persone indagate (Gemelli per concorso in corruzione e per millantato credito), sei agli arresti domiciliari.
"E' riduttivo parlare di un reato di ecomafie perché qui non vi sono i tradizionali mafiosi con le coppole ma si tratta di criminalità organizzata su basi imprenditoriali", dice il Procuratore Nazionale Antimafia Franco Roberti. Emergono, spiega, "meccanismi truffaldini" che hanno portato a un "risparmio illecito" annuo tra i 44 e 110 milioni.