Le invettive sessiste sono arrivate dagli iscritti a un gruppo intitolato "Uniti a Salvini". Lo sfogo della scrittrice: "Quando è chi governa a legittimare tutto ciò, l'azione della violenza è pedagogia di Stato"
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"Speriamo che ti violentano", "schifosa", "da riempire di schiaffoni": sono alcune delle frasi shock rivolte a Michela Murgia e pubblicate all'interno di un gruppo Facebook denominato "Uniti a Salvini", che conta oltre 13mila iscritti. "Questo si chiama squadrismo e il ministro dell'Interno, che di solito è pronto a twittare su qualunque cosa, in casi come questi tace", ha denunciato la scrittrice, allegando gli screenshot delle minacce e degli insulti.
"Qualunque leader politico democratico, specialmente uno che fa spendere ai cittadini 404mila euro all'anno di stipendi per pagare chi si occupa della sua comunicazione, si dissocerebbe immediatamente da chi usa metodi simili", ha sottolineato la Murgia.
"Lo scopo dei gruppi pro Lega è l'intimidazione" - "Le pagine di sostegno al governo leghista che consentono questo linguaggio, al di là delle intenzioni dei commentatori hanno come scopo l'intimidazione. Non tanto rivolta a me, che ho sempre detto quello che penso e continuerò a farlo, ma a chiunque possa pensarla nello stesso modo e abbia intenzione di dirlo apertamente, in modo particolare se donne", ha aggiunto.
I commenti shock a un articolo - La scrittrice ha poi spiegato il contesto in cui si iscrive l'ondata di insulti: "Un membro del gruppo ha postato un articolo che sintetizza il mio intervento a Bologna in piazza Maggiore per la Repubblica delle Idee. Queste sono le reazioni, che si susseguono incontrastate da ore in assenza totale di moderatore. Non sono una persona insicura né fragile. Che questa gente mi auguri la morte, lo stupro o mi insulti mi importa poco a titolo individuale. Davanti a questa violenza faccio le sole cose sensate: segnalare il gruppo a Facebook (cosa che vi invito a fare a vostra volta) e denunciare le persone che hanno scritto le cose penalmente rilevanti".
"Questo gruppo lo faremo chiudere. Cento altri ne sorgeranno e faremo chiudere anche quelli. Ma quando è chi governa a legittimare questo registro, l'azione della violenza è pedagogia di Stato", ha concluso Michela Murgia.