Giancarlo Galan non è più deputato della Repubblica italiana. L'Aula della Camera ha approvato la relazione della Giunta delle elezioni di Montecitorio che ne decideva la decadenza dal seggio sulla base della legge Severino. La decadenza di Galan, cui subentra Dino Secco, è stata approvata con 388 voti a favore, 40 contrari (Fi, Cor e Ala) e sette astensioni.
L'ex governatore del Veneto, due volte ministro e poi presidente della commissione cultura della Camera, era entrato in carcere insieme ad altri 34 arrestati per la vicenda di dazioni legate alla realizzazione del Mose, il sistema di barriere mobili per proteggere Venezia dalle maree eccezionali.
In cella ci è rimasto 80 giorni: per ricongiungersi alla famiglia aveva poi optato - questa la sua versione - per il patteggiamento. Così era stato trasferito ai domiciliari e si è accordato con la Procura di Venezia ed il placet del gip Giuliana Galasso per una condanna a 2,6 mln di multa (per pagare la quale ha sacrificato la dimora storica di Villa Rodella sui Colli Euganei cedendola allo Stato) e a 2 anni e dieci mesi che sta scontando in una casa in affitto, dopo che gli è stata respinta la richiesta di affidamento ai servizi sociali.
L'ex doge del Veneto - chiamato in causa dai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), all'epoca guidato da Giovanni Mazzacurati e incaricato di realizzare il Mose - avrebbe ricevuto dazioni milionarie e favori per agevolare l'iter burocratico dell'opera. Poi, a seguito dell'inchiesta, il carcere concesso dalla giunta per le autorizzazioni della Camera. Nella cella di Opera ha resistito 80 giorni, passati in realtà nel centro medico del carcere, per poi essere confinato ai domiciliari a Villa Rodella uno dei suoi acquisti finiti nei faldoni dell'inchiesta. Nonostante le accuse, il patteggiamento e il progressivo crollo di ogni possibile difesa, Galan non ha mai rinunciato allo stipendio di parlamentare aggrappandosi alla sua professione di innocenza e alla cosiddetta legge Severino.