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Il corteo ha visto la partecipazione di braccianti, cittadini italiani e della comunità indiana, esponenti della Cgil e di altre associazioni, ma anche amministratori locali e politici
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Migliaia di persone sono scese in piazza a Latina per protestare contro il caporalato dopo la morte del bracciante indiano Satnam Singh. Il corteo ha visto la partecipazione di braccianti, cittadini italiani e della comunità indiana, esponenti e membri della Cgil e di altre associazioni, ma anche amministratori locali e politici. Tra questi, anche Elly Schlein. "Tutte le istituzioni e tutta la politica devono fare uno scatto in avanti contro questa piaga, perché Satnam Singh purtroppo non è un caso isolato. C'è un sistema strutturale di sfruttamento e di caporalato che va combattuto", ha affermato la segretaria del Pd Elly.
Mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, da Solferino (Mantova) si è scagliato contro lo "sfruttamento del lavoro illegale e crudele", a Latina Schlein ha annunciato la proposta del Partito Democratico "per abolire la Bossi-Fini (che disciplina l'immigrazione, ndr) e riscriverla integralmente, perché è una legge che provoca irregolarità. E l'irregolarità, come insegna questa tragedia e questo omicidio, causa precarietà, sfruttamento e ricattabilità sulla pelle delle persone come Satnam Singh".
Tra i manifestanti c'era anche il segretario regionale del Pd Lazio, Daniele Leodori, e l'eurodeputato di Alleanza Verdi-Sinistra Ignazio Marino, oltre a diversi esponenti locali del M5s. Presente anche il sindaco di Latina, Matilde Celentano (Fratelli d'Italia), accolta però dai fischi dei partecipanti. In piazza anche Francesca Re David, della segreteria nazionale della Cgil, il segretario generale della Cgil Roma e Lazio, Natale Di Cola, il segretario generale della Flai Cgil, Giovanni Mininni, e quello regionale Stefano Morea. Cgil e Flai di Latina hanno lanciato una raccolta fondi per sostenere la famiglia di Singh.
Come Elly Schlein, neanche il segretario di Sinistra italiana, Nicola Fratoianni, è salito sul palco. Ma ha parlato di "guerra civile contro il lavoro" di "bollettino di guerra quotidiano e le istituzioni sono silenti: Basta con la Bossi Fini". Dal palco hanno parlato anche don Mattia Ferrari, il cappellano della Ong Mediterranea, e un rappresentante dell'Anpi, della rete studentesca.
"Quello che ha fatto il proprietario dell'azienda agricola di Satnam non è giusto. In Italia gli ospedali sono sempre aperti, per tutti. Se fosse stato portato subito lì, oggi sarebbe qui con noi". È la testimonianza di Singh Amarjit, lavoratore in un'azienda di bombole di gas in provincia di Latina. "E invece oggi la sua mamma e i suoi fratelli, a cui mandava i soldi da qui, stanno piangendo in India. Eppure, prima di lui era successo già a tanti altri. Questa volta, pero', visto come è stato trattato dal suo datore di lavoro, il governo italiano ha alzato la voce". Singh Amarjit è uno dei tanti di nazionalità indiana del territorio pontino, ma anche del resto del Paese, che oggi hanno partecipato alla manifestazione organizzata dalla Cgil in piazza della Libertà per Satnam Singh, conosciuto come Navi, il bracciante indiano di 31 anni morto dopo esser stato abbandonato davanti casa dal proprietario dell'azienda agricola nella quale poco prima aveva perso il braccio destro in un incidente sul lavoro, amputato da un macchinario avvolgiplastica e lasciato in una cassetta per gli ortaggi insieme al trentunenne davanti alla sua abitazione, invece di allarmare i soccorsi. "Satnam era uno dei tanti clandestini arrivati in Italia a piedi o in barca senza documenti", ha proseguito. "Molti di loro sono in nero, ma se messi in regola lavorano meglio, cosi' come dovrebbe essere. È una situazione che si protrae da anni e anni. Chi ha i documenti prende 6 euro, chi è senza 3 o 4 al massimo. Dico sempre loro che se vengono trattati male devono andare subito dalla polizia o dai carabinieri per denunciare tutto. Lavorano 12 o 13 ore al giorno sotto al sole: vivono indietro di vent'anni. Meritano che i loro diritti vengano rispettati". "Lavoro dalle 5 di mattina fino alla sera, 12 o 13 ore al giorno", gli fa eco Kumar, che in Italia si fa chiamare Dario. "Guadagno 4 euro e 30, 3,60 o 5,50 all'ora: è davvero pochissimo. Non basta per pagare la casa, le tasse e inviare gli altri soldi risparmiati ai nostri familiari che vivono in India". "Sono tre anni che sono qui senza documenti. A Latina siamo 7mila regolari e 12mila regolari, più altri lavoratori in nero che non vengono contati", ha osservato invece Jagdeep Singh, che non parla italiano, ma le sue parole vengono tradotte da Kumar. "Vengo pagato 4 euro all'ora, anche se non sempre mi vengono dati. Non è giusto, se lavori devi essere pagato".