Necessario modificare l'articolo 2 sull'Organismo ministeriale di verifica e controllo. Nodo anche sui fondi insufficienti
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La conferenza delle Regioni esprime parere negativo al decreto legge sulle liste d'attesa per tagliare i tempi di visite mediche ed esami. Le critiche dei governatori si concentrano in particolare sull’articolo 2, che prevede che l'Organismo ministeriale di verifica e controllo "possa accedere presso le Aziende sanitarie, scavalcando le Regioni, anche avvalendosi dei Carabinieri". Questo per le Regioni è inaccettabile: "Lo Stato controlla le Regioni, le Regioni controllano le Aziende sanitarie e si confrontano con il livello ministeriale" scrivono chiaro e tondo.
Invece così com’è il decreto "presenta dei profili di illegittimità costituzionale" e va riscritto nel "rispetto delle rispettive competenze". È la stessa linea di un emendamento del Carroccio presentato ieri al Senato. Oggi è il capogruppo Massimiliano Romeo a ribadirlo: "Auspichiamo una proposta di mediazione da parte del governo che venga incontro alle istanze delle Regioni".
Il parere negativo, deciso a maggioranza - fa eccezione solo la Regione Lazio - si accompagna a proposte emendative, ma intanto il fronte è stato aperto ed è istituzionale, ma anche politico. In prima fila c’è la Lega di Matteo Salvini: "Ora il governo tratti" il messaggio agli alleati. È una sfida a FdI, secondo il Pd: "Questo governo da una parte sventola la bandiera dell'autonomia - afferma la segretaria Elly Schlein - dall'altra presenta un decreto che accentra i poteri e le regole sulle liste d'attesa, senza metterci un euro. Davvero un bel capolavoro".
"Non è condivisibile che gli esiti delle verifiche costituiscano elementi di valutazione del Ministero ai fini dell'applicazione di misure sanzionatorie e premiali nei confronti dei responsabili regionali o aziendali, inclusa la revoca o il rinnovo dell'incarico, in quanto tale valutazione rientra nelle competenze regionali". E non finisce qui, perché senza fondi e braccia ("congrue risorse economico-finanziarie aggiuntive e adeguate risorse umane") le liste di attesa non si abbattono: diteci chiaramente, affermano le Regioni, quanto costerebbe e soprattutto dove prendiamo i soldi. Anche perché le risorse stanziate in Bilancio per il 2024 potrebbero già essere state usate dalle Regioni, "nel qual caso il Decreto sarebbe privo di qualunque finanziamento" e le Regioni denaro extra non possono certo metterne, perché "il Fondo Sanitario Nazionale è già largamente insufficiente". Peraltro abbattere le liste d'attesa non è solo una questione di numeri ma di "appropriatezza prescrittiva", e di "strategie" che intervengano "sulla domanda e l'offerta" coinvolgendo le Case della Comunità e i medici di base. In sintesi "non è pensabile che un solo provvedimento possa risolvere una criticità di rilievo nazionale in tempi brevi, e non a caso finora nessun Paese europeo aveva affrontato la problematica delle liste con un approccio esclusivamente inquisitorio e sanzionatorio".
"Le Regioni mettono nero su bianco che non si fanno le nozze coi fichi secchi, è un decreto bluff" afferma il capogruppo Pd al Senato Francesco Boccia. Una bocciatura che "smonta la propaganda del governo" aggiunge il capogruppo Avs Peppe De Cristofaro chiedendo al ministro Orazio Schillaci di ritirare il provvedimento. "La realtà viene a galla" per il capogruppo M5s Stefano Patuanelli mentre per la Cgil "i roboanti annunci pre-elettorali si sciolgono come ghiaccio al sole". Intanto sul fronte della riforma del premierato le fondazioni Magna Carta, Libertà Eguale, Io Cambio, Riformismo & Libertà chiedono a tutte le parti di modificare i propri atteggiamenti, per assumere una postura più consona alla funzione loro affidata per una approvazione bipartisan della riforma sul premierato".