L'esecutivo lavora a un provvedimento urgente che porterebbe a una stretta dei "benefici penitenziari" con il "divieto di concessione" per chi non collabora
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Per il governo Meloni è il momento dei sottosegretari. Il premier, infatti, non vuole perdere altro tempo, quindi sia in FdI sia nelle forze alleate ogni nodo va sciolto in questo fine settimana in vista del Cdm di lunedì. Intanto potrebbe essere sulla giustizia il primo decreto legge del governo: l'esecutivo lavora a un provvedimento urgente che porterebbe a una stretta dei "benefici penitenziari" con il "divieto di concessione" per chi non collabora con la giustizia.
Quello di lunedì sarà il primo "vero" Cdm del governo a guida Giorgia Meloni dopo quello di insediamento di domenica scorsa, seguito al passaggio di consegne con Draghi. Il governo varerà un decreto legge per mantenere il cosiddetto "ergastolo ostativo", atto urgente alla luce dell'udienza della Corte Costituzionale fissata per l'8 novembre, quando i giudici hanno in calendario proprio il tema e si apprestano a dare l'ennesima spallata se il Parlamento, al quale hanno già dato un anno e mezzo di tempo, non sarà intervenuto. "Una corsa contro il tempo - è il ragionamento - per garantire sicurezza sociale e impedire che ai detenuti mafiosi possano aprirsi le porte del carcere pur in costanza del vincolo associativo".
L'ampiezza del provvedimento che mira a precludere con una nuova norma la fruizione di permessi a chi non collabora, cosa già prevista attualmente ma messa nel "mirino" dalla Consulta, potrebbe avere una platea composta dai circa 1200 detenuti condannati all'ergastolo - per reati associativi di mafia e terrorismo - e sottoposti al regime "ostativo", ossia senza benefici, dal momento che non hanno collaborato. Una popolazione per i quali la Consulta ritiene la "linea dura" non conforme ai principi della Costituzione sulla funzione rieducativa della pena e del diritto comunitario.
Sempre sul tema della giustizia, il Cdm affronterà il rinvio al 30 dicembre 2022 dell'entrata in vigore di alcune disposizioni della "Riforma Cartabia". Nelle intenzioni dell'esecutivo, il provvedimento intende rispettare le scadenze del Pnrr e consentire la necessaria organizzazione degli uffici giudiziari.
"Finalmente si cambia anche sulla giustizia, avanti così" esulta Matteo Salvini. Preoccupate, invece, le opposizioni. Secondo la capogruppo dei deputati Pd, Debora Serracchiani, infatti, il "rinvio in blocco dell'entrata in vigore della riforma della giustizia penale rischia di buttare a mare due anni di lavoro e di mettere a rischio i fondi Pnrr" e "sarebbe un inizio all'insegna dello scontro frontale con Bruxelles".