L'intervento del Ministro della Giustizia in esclusiva a "Quarta Repubblica"
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Dalla riforma della Giustizia all'inchiesta che ha recentemente coinvolto il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti: questi i temi affrontati dal ministro Carlo Nordio, ospite a "Quarta Repubblica" durante l'appuntamento di lunedì 22 luglio.
"La prima parte della riforma della Giustizia direi che non è l'inizio della fine, bensì la fine di un inizio di trent'anni fa con Mani pulite, quando la politica si è assoggettata supinamente alla magistratura - esordisce senza mezzi termini il ministro Nordio, manifestando grande soddisfazione per l'operato. "Naturalmente queste riforme richiedono tempo, riflessione, sangue freddo e soprattutto mancanza di emotività", ha quindi proseguito, per poi focalizzarsi sull'abolizione dell'abuso d'ufficio, considerato da alcuni magistrati come una sorta di "reato spia".
"Un reato c'è o non c'è. Il fatto che un reato possa essere considerato come prodromico per scoprirne un altro è un concetto poliziesco, non giuridico. Molti pubblici ministeri vedono la realtà come la vedono dall'ufficio, ma è molto più complessa".
Mentre sull'intervento a proposito delle intercettazioni e sulle dichiarazioni nel merito di Nicola Gratteri, il quale le aveva definite come "il mezzo più economico per fare cassa da parte dello Stato", Nordio commenta: "Hanno il difetto che molto spesso isolano le espressioni usate. Vorrei sentire se anche le parole di Gratteri non siano state estrapolate da un contesto più ampio, perché mi rifiuto di pensare che un Pubblico Ministero si serva di uno strumento di indagine giudiziaria per fare cassa".
L'intervento del Ministro Nordio a "Quarta Repubblica" si sposta dunque sull'inchiesta del presidente della Liguria Giovanni Toti, confermando di ritenere l'ordinanza poco comprensibile: "Non posso e non devo entrare nel merito. E non so se, entrando in vigore la riforma Nordio, la custodia cautelare sarebbe scattata oppure no. Ho capito dopo un'attenta lettura la "Fenomenologia dello spirito" di Hegel, che è un libro estremamente complesso, ma non ho capito la logica dell'ordinanza di custodia cautelare di Toti".
"Il Pubblico Ministero ha il diritto e soprattutto il dovere di proseguire nelle sue indagini. L'amministratore o il politico ha il diritto e soprattutto il dovere di restare al suo posto fino alla sentenza definitiva, perché altrimenti non tradisce sé stesso, bensì il popolo che gli ha dato il voto - ha precisato ancora Nordio - se dovesse dimettersi significherebbe perché oggetto di un'indagine subordinerebbe la volontà popolare a un'indagine che un domani potrebbe anche rivelarsi infondata".
Quindi, di fronte all'ipotesi di un'ispezione ministeriale al tribunale di Genova, conclude: "Questa è una situazione abbastanza singolare e che ha molte anomalie. La seguiamo con estrema attenzione alla fine valuteremo quello che deve essere fatto secondo la legge".