Con le nuove norme i colossi di Internet come Google, Facebook e YouTube dovrebbero pagare i diritti d'autore per i contenuti diffusi sulle loro piattaforme
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Si infiamma il dibattito politico sulle norme che regolano il diritto d'autore. L'Unione europea punta a introdurre norme più severe che prevederebbero, tra le altre cose, una sorta di tassa a carico delle grandi piattaforme online, come Google, YouTube o Facebook, per ogni link che porti a contenuti di altri editori. Il ministro del Lavoro Di Maio si dichiara contrario e pronto a non recepire la normativa, favorevole il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, che attaca il vicepremier italiano: "Pagherà lui gli autori?".
Il tema è al centro di studi da anni. Il punto è quello di aggiornare una direttiva nata decenni fa per proteggere il diritto d'autore e che ormai è divenuta obsoleta e inefficace in uno scenario tecnologico in cui i media tradizionali si sono dovuti confrontare con la Rete e i social network, dove ogni tipo di contenuto, dal video all'articolo di giornale, viene condiviso di fatto senza paletti.
La proposta di direttiva (che sarà votata in aula il 5 luglio) prevede in particolare due disposizioni che hanno suscitato molte reazioni: la prima considera lo snippet di un articolo, ovvero la pubblicazione di un link con una breve anteprima, una forma di utilizzo dei diritti d'autore, che necessita quindi dell'autorizzazione e del compenso all'editore; la seconda individua nei soggetti che consentono questa pubblicazione, ovvero grandi piattaforme come Facebook o YouTube, i responsabili della pubblicazione stessa. E che quindi questi debbano dotarsi di filtri che riconoscano e blocchino eventuali violazioni del diritto d'autore.
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La direttiva, se approvata nella forma attuale dal Parlamento europeo e dal Consiglio Ue, sottoporrà quindi i giganti di Internet (YouTube, Facebook, Dailymotion, Sound Cloud etc.) al pagamento dei diritti d'autore per i contenuti (soprattutto video e musicali) diffusi sulle loro piattaforme, come fanno già le società digitali di distribuzione (come Spotify e Deezer). Finora, approfittando della poca chiarezza delle normative in vigore, non lo hanno fatto, sostenendo di non essere distributori di contenuti, ma solo intermediari che ospitano lo scambio di contenuti fra gli utenti
Fortemente contrario il ministro del Lavoro e vicepremier italiano, Luigi Di Maio. "Faremo tutto quello che è in nostro potere per contrastare la direttiva al Parlamento europeo - ha detto -, e qualora dovesse passare così com'è dovremo fare una seria riflessione a livello nazionale sulla possibilità o meno di recepirla". Per Di Maio in ballo c'è la libertà di informazione. "Vogliono mettere il bavaglio alla Rete inserendo la cosiddetta link tax, ovvero un diritto per gli editori di autorizzare o bloccare l'utilizzo digitale delle loro pubblicazioni - ha affermato -. E, soprattutto, vorrebbero garantire un controllo ex ante sui contenuti che i cittadini vogliono condividere. Praticamente deleghiamo a delle multinazionali, che spesso nemmeno sono europee, il potere di decidere cosa debba essere o meno pubblicato".
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Di tutt'altro parere il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, che invece mette in evidenza i problemi che la continua violazione del diritto d'autore ha portato anche a livello lavorativo, con editori e, di conseguenza, operatori dell'informazione, che si sono trovati in difficoltà sempre maggiori a causa della diffusione gratuita dei propri prodotti. "Vorrei chiedere al vice primo ministro italiano - ha detto Tajani - come intende garantire gli stipendi dei giornalisti, di tutti coloro che lavorano nell'industria che produce film, che produce opere, se tutti questi prodotti vengono diffusi gratuitamente. Chi se ne occupa? Il vice primo ministro offre lui? Con il suo stipendio paga lo stipendio a tutte le persone che perderanno il lavoro?".
Tajani peraltro esclude che il governo italiano possa rifiutarsi di recepire le nuove norme. "Non ho parlato con il governo, perché non tocca al governo legiferare su questa materia - ha sottolineato -, ma comunque il Parlamento italiano deve recepire le norme comunitarie". Completamente opposta a quella di Di Maio poi l'interpretazione della norma, che per Tajani sarebbe tutt'altro che un bavaglio ma, anzi, una garanzia di libertà di espressione. "Quando si dice di voler difendere la libertà bisogna lavorare non per conculcare la libertà; perché così si conculca la libertà di stampa, si uccide la voce dei giornalisti, perché si mettono le piattaforme in condizione di utilizzare tutti i tipi di informazione, comprese le 'fake news'. Le piattaforme - ha sottolineato - possono lavorare, ma debbono pagare le tasse come tutti gli altri ed essere sottoposte a regole, come tutti gli altri, giornali, televisioni, imprese".