La Corte Costituzionale ha dichiarato che i pm di Firenze non potevano acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica del parlamentare o appartenenti a terzi. Il leader di Iv: "Trionfo del diritto"
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Per Matteo Renzi oggi è "il giorno del trionfo del diritto". Lo scrive su Twitter, dopo la sentenza della Consulta che ha accolto il conflitto di attribuzione, proposto dal Senato, nei confronti dei pm fiorentini in merito alla vicenda Open. "La Corte - si legge nel comunicato - ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi, oggetto di provvedimenti di sequestro nell’ambito di un procedimento penale a carico dello stesso parlamentare e di terzi".
Necessaria l'autorizzazione della Camera di appartenenza - Con sentenza numero 170 del 2023, redatta dal giudice Franco Modugno, la Consulta ha dichiarato che la Procura non poteva acquisire, senza preventiva autorizzazione del Senato, messaggi di posta elettronica e Whatsapp del parlamentare, o a lui diretti, conservati in dispositivi elettronici appartenenti a terzi. "Tali messaggi - si legge ancora nella nota diffusa dall'ufficio stampa della Corte Costituzionale - sono stati ritenuti riconducibili alla nozione di corrispondenza, costituzionalmente rilevante e la cui tutela non si esaurisce, come invece sostenuto dalla Procura, con la ricezione del messaggio da parte del destinatario, ma perdura fin tanto che esso conservi carattere di attualità e interesse per gli interlocutori. Gli organi investigativi - ha precisato la Corte - sono abilitati a disporre il sequestro di "contenitori" di dati informatici appartenenti a terzi, quali smartphone, computer o tablet: ma quando riscontrino la presenza in essi di messaggi intercorsi con un parlamentare, debbono sospendere l'estrazione di tali messaggi dalla memoria del dispositivo e chiedere l'autorizzazione della Camera di appartenenza per poterli coinvolgere nel sequestro. Ciò a prescindere da ogni valutazione circa il carattere "occasionale" o "mirato" dell'acquisizione dei messaggi stessi". Dunque, una volta arrivati sul cellulare degli interlocutori, i messaggi di Renzi conservavano quel carattere di riservatezza dedicato alle comunicazioni di un Parlamentare.
Renzi: "E' il giorno del trionfo del diritto" - "La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso - scriva renzi su Twitter - dandoci ragione e annullato alcuni provvedimenti dei Pm di Firenze. Verrà il giorno in cui la classe dirigente del Paese rifletterà serenamente su questa indagine assurda, nata contro di me, contro le persone che mi stanno vicine e soprattutto contro i fatti. Verrà quel giorno ma non è questo. Oggi è solo il giorno del trionfo del diritto".
Il caso Open - Il 22 febbraio del 2022 il Senato aveva votato a favore del conflitto. A inizio febbraio i pm toscani avevano chiesto di processare l’ex presidente del consiglio e altri dieci indagati (compresi i deputati Maria Elena Boschi, e Luca Lotti, l’ex presidente di Open Alberto Bianchi, l’imprenditore Marco Carrai) per alcuni reati contestati a vario titolo: si va dal finanziamento illecito ai partiti alla corruzione, dal riciclaggio al traffico d’influenze. All’interno dell’indagine sono confluiti migliaia di documenti ottenuti dalla procura tramite una serie di perquisizioni e sequestri a carico di alcuni indagati. Tra questi ultimi non c’è Renzi, che non ha subito alcuna perquisizione personale. In caso contrario, essendo il leader di Italia Viva un parlamentare, i pm avrebbero dovuto chiedere l’autorizzazione preventiva alla Camera di appartenenza. Ma il nome dell’ex premier è saltato fuori in una serie di messaggi Whatsapp conservati nella memoria di cellulari sequestrati a terze persone, scatenando l'ira del leader di Italia viva che ha sollevato la questione in Senato. Così he si è arrivati alla Consulta.