Sale la tensione nel partito dopo la scissione dei "bersaniani" e la decisione del governatore pugliese di restare e candidarsi a segretario
"Rimango perché ho visto che Renzi era felice che me ne andassi. Allora mi sono detto che stavo sbagliando tutto. Il campo di battaglia è il Pd". E' quanto ha dichiarato il governatore della Puglia, Michele Emiliano, dopo il dietrofront sulla scissione e la decisione di restare all'interno del Partito democratico e di candidarsi alla segreteria. Una decisione criticata dal presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi: "Tortuosa è la strada dell'asino, dritta quella dell'uomo, scriveva il grande architetto Le Corbusier. Ecco, io ho scelto di seguire la strada dritta, Emiliano quella dell'asino".
Il presidente della Puglia, riferendosi a quanti hanno deciso di lasciare il Pd, ha sostenuto che "non mi sembrano pronti: mancano tesi, strutture, organizzazione, persino un nome". In un'intervista al Corriere, Emiliano ha chiarito: "Con loro sono sempre stato leale. Quando mi sono avvicinato a Bersani e agli altri non ho mai parlato di scissione, ma di opposizione a Renzi".
Emiliano: "Non volevo lasciare il Pd nelle mani di Renzi" - "Sono loro che mi hanno spiegato che con Renzi non potevano più convivere - ha proseguito -. Io non ho promesso nulla. Mi sono preso 48 ore per riflettere. Poi con Speranza e Rossi ho parlato chiaro: lasciare il Pd nelle mani di Renzi come un regalo sarebbe un errore storico. Se vogliamo cambiare il Paese dobbiamo avere un partito di una certa dimensione, capace di fare massa critica".
Rossi: "Il nostro avversario è la destra" - In un'intervista a La Stampa, Enrico Rossi ha ricordato: "Domenica sera abbiamo firmato con Emiliano e Speranza una nota durissima che annunciava la scissione. Poi l'ho sentito lunedì in giornata, mi ha detto che ci saremmo risentiti la sera. Ma quella telefonata non è arrivata. Non ha concordato nulla con noi".
"No alla re-incoronazione di Renzi" - "Non me la sento di partecipare a un congresso che sarà solo una re-incoronazione di Renzi", ha ribadito Rossi sostenendo che "le condizioni per restare non ci sono, il Pd non è più il mio partito, da Renzi ci divide l'analisi sulla società italiana e le risposte da dare alla crisi". In ogni caso, ha concluso, "ricordo che il nostro avversario è la destra, non il Pd. Coi dem bisognerà provare a ricucire, anche immaginare un'alleanza".
Orfini: "Spero ci ripensino anche Rossi e Speranza" - "Credo che abbiamo fatto un lavoro positivo e spero non sia finita qui. Mi auguro ancora di riportare sui propri passi anche Rossi e Speranza", ha dichiarato Matteo Orfini, reggente del Pd, in un'intervista a La Stampa. "Certo - ha spiegato - riguardo alla scissione siamo in uno stato abbastanza avanzato, ma finché non ci sarà stato un annuncio ufficiale è mio dovere tentare: considero la non partecipazione al congresso come qualcosa di diverso da un abbandono". Renzi, ha sottolineato, "ha fatto un gesto rispettoso. Il segretario si è dimesso e ricandidato: non può essere lui a fare la mediazione. Lasciarlo fare alla direzione e agli organismi del partito è il modo migliore per garantire che nulla venga strumentalizzato".
Epifani: "E' un arrivederci" - Uscire dal Pd, dopo esserne stato segretario, "è stata una scelta sofferta ma convinta, perché il partito ha cambiato pelle". E' questa l'opinione di un altro "secessionista", Guglielmo Epifani, il quale ha aggiunto: "Si è assistito a un'accentuazione del partito del capo, che ha ha fatto sì che il Pd perdesse consenso e radicamento". In un'intervista al Corriere, Epifani ha poi affermato di non vedere "le condizioni" per un ripensamento, ma ha precisato: "Noi non vogliamo avere il Pd come avversario. Il nostro più che un addio è un arrivederci. Noi lanciamo una sfida: ricostruire un punto di riferimento per quei mondi sociali che abbiamo perso".