Premierato all'italiana, cos'è e cosa prevede la riforma voluta dal governo Meloni
© Withub
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La Commissione del Senato approva l'emendamento sull'elezione diretta del premier, le novità per punti
Arriva il primo sì all'elezione diretta del premier. Nella commissione Affari costituzionali del Senato è stata approvata la modifica all'articolo 92 che inserisce in Costituzione l’elezione diretta del capo del governo fissando anche il limite dei due mandati, il premio di maggioranza, e la nomina e revoca dei ministri, con il Presidente della Repubblica che diventa esecutore di queste decisioni conferendo e togliendo gli incarichi.
Cosa prevede il disegno di legge costituzionale sottoscritto da Giorgia Meloni e dalla ministra per le Riforme istituzionali Elisabetta Casellati: i punti chiave
a) Il presidente del consiglio viene "eletto a suffragio universale e diretto per la durata di cinque anni", con il limite però di due mandati consecutivi come chiesto dalle opposizioni.
b) Il testo riformulato dal governo prevede "un premio su base nazionale che garantisca una maggioranza dei seggi in ciascuna delle Camere alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio".
c) Scioglimento delle Camere in caso di sfiducia al premier da parte del presidente della Repubblica, qualora il presidente del Consiglio eletto non riesca a conseguire la fiducia parlamentare delle Camere o in caso di revoca della fiducia al premier.
d) In caso di dimissioni volontarie del presidente del Consiglio, il premier può chiedere e ottenere lo scioglimento delle Camere oppure passare la mano ad un altro parlamentare della maggioranza sul modello inglese.
Il premierato è ben distinto dal presidenzialismo, con cui si fa riferimento a un sistema istituzionale caratterizzato dal ruolo predominante del presidente della Repubblica che è sia il capo dello Stato che il capo del governo. Ha funzioni politiche, viene eletto dai cittadini e ha una concentrazione più marcata di poteri nelle sue mani. Ne esistono di diversi tipi, da quello americano a quello semipresidenziale francese.
Nel mondo l’unico esperimento di premierato inteso come elezione diretta del presidente del consiglio si è invece verificato in Israele.
Nel 1992 la Knesset, il parlamento israeliano, adottò una legge per modificare il proprio sistema elettorale cercando di dare maggiore stabilità al Paese introducendo l’elezione diretta del primo ministro. Una sorta di "presidenzializzazione" della democrazia parlamentare, che avrebbe dovuto mettere un freno alla frammentazione del voto in una moltitudine di partiti. La nuova riforma elettorale però fallì il suo obiettivo e fu mantenuta solo per tre elezioni (1996, 1999 e 2001) prima di essere abrogata nel 2002.
Se si considera il premierato come una forma di governo in cui i poteri del primo ministro sono rafforzati rispetto a quanto succede ora in Italia, si può prendere in considerazione l’attuale sistema tedesco. In Germania è soltanto il cancelliere (e non l’intero esecutivo) che deve rivolgersi alle Camere per ottenere la fiducia. Lo stesso cancelliere gode anche del potere di nomina e revoca dei ministri, funzione non prevista dalla Costituzione italiana.
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In passato in Italia non sono mancate proposte di riforma costituzionale per conferire maggiori poteri al presidente del Consiglio. Questa, per esempio era una delle ipotesi all’esame della Commissione bicamerale del 1997, istituita dal governo guidato all’epoca da Massimo D’Alema. Di premierato si è tornati a discutere nel 2006, in occasione di una nuova proposta di riforma costituzionale pensata dal centrodestra di Silvio Berlusconi.
Nel 2020, l’ex premier Matteo Renzi ha ipotizzato la figura di un premier simile a un “sindaco d’Italia”, scelto quindi dai cittadini sul modello elettorale previsto per i sindaci nei Comuni con più di 15mila abitanti con un eventuale ballottaggio tra i due candidati più votati. Questa proposta non ha avuto seguito ma era presente nel programma elettorale di Azione-Italia Viva per le scorse elezioni politiche.
Con il premierato al capo dello Stato non spetterebbe più il potere di nomina del premier ma quello di conferire l’incarico al premier eletto, mentre manterrebbe il potere di nomina dei ministri. C’è poi la norma “anti-ribaltone”: nel caso in cui il premier si dimetta o decada il suo ruolo, il presidente della Repubblica può assegnare l’incarico di formare un nuovo governo al premier dimissionario o a un altro parlamentare eletto e collegato al presidente del Consiglio. Stop inoltre alla nomina di nuovi senatori a vita. La figura del senatore a vita verrà mantenuta solo per gli ex presidenti della Repubblica.