L'11 giugno i dipendenti manifesteranno contro un'operazione che, dicono i sindacati, "non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro"
© ansa
Il taglio di 150 milioni di euro deciso dal governo non va giù ai dipendenti della Rai. E le segreterie di Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni, Snater, Libersind Conf Sal e Usigrai hanno convocato per mercoledì 11 giugno uno sciopero che culminerà con una manifestazione a Roma. "Il drastico taglio mostra profili di incostituzionalità e non colpisce gli sprechi ma i posti di lavoro", dichiarano i sindacati.
"Così - continuano gli esponenti Rai - si creano le condizioni per lo smantellamento delle sedi regionali e ancor peggio per la svendita di RaiWay alla vigilia del 2016 (data in cui dovrà essere rinnovata la concessione per il servizio pubblico), lasciando intravedere inquietanti ritorni a un passato fatto di conflitti di interessi e invasione di campo dei partiti e dei governi".
Il governo conferma: "Sì ai tagli - Ma il governo ribadisce che il taglio dei 150 milioni previsto nel decreto Irpef "resta". Si può invece discutere, precisa il viceministro all'Economia Enrico Morando, a proposito dell'esclusione della televisione pubblica dall'articolo 20, che prevede tagli sulle partecipate.
I sindacati: "Così si uccide la Rai" - "Indicare in Raiway e nelle sedi regionali - dice ancora la nota diffusa dai sindacati - i luoghi verso cui operare vendite o riduzioni significa infatti far morire la Rai e compromettere seriamente il rinnovo della concessione per il servizio pubblico". Il dibattito sul fatto che in tempi di crisi anche la Rai "deve contribuire al risanamento del Paese" risulta infatti affascinante quanto fuorviante, perché nasconde, dietro un'affermazione condivisibile, un'operazione poco trasparente, che rischia di mettere in ginocchio il servizio pubblico e la tenuta occupazionale nella più grande azienda culturale del Paese".
"Tagli agli sprechi, sì al confronto" - "Altro tema, lo abbiamo già detto - conclude la nota -, è quello della discussione su come ridurre gli sprechi e riformare la più grande azienda culturale del Paese, rispetto al quale i sindacati sono come sempre disponibili al confronto. Un confronto che non può avvenire se il campo non verrà sgombrato dall'idea che la rete possa essere usata per fare cassa".