Il segretario Pd mette subito le mani avanti sulla legge elettorale: "Accordo con tanti partiti, difficile rimetterla in discussione. Ma ok a discutere sulle cose concrete"
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"Se l'apertura annunciata da Speranza è seria, sono disposto a incontrarlo, ma per discutere di cose concrete. Sulla legge elettorale c'è stato un accordo tra tanti partiti e rimetterla in discussione mi sembra molto difficile". Lo afferma Matteo Renzi, commentando le dichiarazioni del coordinatore di Mdp sulla volontà di dialogare con il Pd. E sulla mozione dem su Bankitalia dichiara: "Gentiloni e io l'abbiamo saputo nello stesso momento".
Il segretario Pd aggiunge poi, ospite di "1/2h in più", che "Speranza è segretario del partito che si è scisso da noi a marzo", ma poi precisa: "Voglio guardare il bicchiere mezzo pieno, l'aspetto positivo. Se è un'apertura seria, e sono convinto possa esserlo, discutiamone. Ma discutiamo sulle cose concrete, come il 2,9% sul deficit, gli 80 euro. Siamo pronti a incontrare tutti, faremo la conferenza programmatica a Napoli".
Poi, aggiunge: "Chi venisse a dire che l'obiettivo per il Pd e il suo segretario non è tornare a Palazzo Chigi mentirebbe. Se vuoi cambiare le cose, devi stare nella stanza dei bottoni". E ancora, spiegando perché non abbia fatto la stessa cosa nella campagna referendaria, dichiara: "Il viaggio sul treno dem era impossibile farlo da presidente del Consiglio".
Visco, "spero facciano la scelta migliore" - Sul nodo Bankitalia, Renzi spiega: "Nella mozione Pd c'è un giudizio sul passato, ma per il futuro sceglierà Gentiloni. Io non ho nomi. Ho un profilo: vorrei che chiunque fosse scelto sia il migliore o la migliore possibile". E poi: "Volete nominare Visco? Fatelo. Volete un altro? Fatelo. Ma il giudizio su quanto accaduto deve essere il più laico possibile". Poi aggiunge: "Io trovo curioso che certa sinistra abbia quasi una subalternità culturale verso l'istituzione Bankitalia".
Mentre resta convinto della bontà dei contenuti della mozione Pd su Palazzo Koch e afferma: "Sia nel merito che nel metodo rivendico quanto fatto". Quella mozione che, spiega, è stata preparata dal gruppo Pd e a proposito della quale "Gentiloni e io" siamo venuti a conoscenza più o meno nello stesso momento. "E' evidente - commenta - che il governo sapesse il contenuto della mozione al punto che su alcuni passaggi, come la discontinuità, non era d'accordo, Gentiloni mi ha chiamato e l'abbiamo cambiata. Che ci fosse una mozione era noto a tutti, che il contenuto fosse troppo duro me l'ha detto Gentiloni per chiedermi di cambiarlo. Io ero in treno...".
"Difendo la politica, niente guerra agli alti burocrati" - Renzi tiene poi a precisare che "il mio obiettivo non è smontare l'establishment o fare la guerra agli alti burocrati. Non ho una battaglia aperta contro lo stato profondo. Ma sicuramente c'è in Italia una tendenza di fare a meno della politica degli alti burocrati. Come se qualcuno cercasse di dire che il vero potere è sempre quello e i politici passano. Ma non è la mia prima preoccupazione. Io mi voglio mettere in gioco e dire che oggi la politica ha un ruolo, non credo possa vincere solo l'establishment. IO rivendico il diritto della politica, della democrazia, del popolo a essere in grado di incidere".
Renzi: "La Boldrini non avrebbe dovuto ammettere quella mozione" - Infine, Renzi dichiara: "Io quella mozione su Bankitalia non l'avrei giudicato ammissibile se fossi stato il presidente della Camera, che non sono". E Laura Boldrini risponde: "Il segretario del Pd continua a confondere regole parlamentari e scelte politiche, scaricando sulla presidenza della Camera responsabilità che appartengono invece ai gruppi politici e a chi li guida. Non c'era alcuna ragione regolamentare per giudicare inammissibili le mozioni su Bankitalia, a partire da quella presentata dal M5s".
Ue, "chiederemo una flessibilità bis" - Il segretario Pd parla poi di programmi per la prossima legislatura, preannunciando: "Penso che l'Italia debba proporre una flessibilità bis. La stessa richiesta del 2014 deve essere rimodulata con il pacchetto 'back to Maastricht', cioè tornare a Maastricht. Anche sulla flessibilità ci dicevano che non ce l'avremmo fatta e invece ce l'abbiamo fatta".