In 378 hanno votato sì, 220 i no e un astenuto. Il premier nel suo discorso aveva ricordato che "l'Europa non è il nostro nemico. Ma Bruxelles non dia la linea all'Italia". Sulle riforme: "Da fare entro luglio". Gelo in Aula con Enrico Letta. Ovazione per Bersani
© ansa
Dopo l'ok del Senato, il governo di Matteo Renzi ottiene la fiducia anche alla Camera con 378 sì, 220 i contrari, un astenuto, 30 gli assenti. "Basta alibi, se non ci riusciremo sarà solo colpa nostra", dice il premier nel suo discorso dando spazio all'Ue: "Non è nostra nemica. Ma Bruxelles non può dare la linea all'Italia". Sulle riforme: "Realizzarle entro l'inizio del semestre di presidenza dell'Ue".
Il premier si presenta alla Camera per lanciare la sua ultima e decisiva sfida per cambiare l'Italia.
La sfida di Renzi - "Abbiamo una sola chance da cogliere qui e adesso - dice - fare l'unica cosa che possiamo fare, cambiare profondamente il nostro Paese, il sistema della P.A., quello della giustizia, del fisco, cambiare profondamente nella concretezza la vita quotidiana di lavoratori e imprenditori". Un programma che vorrebbe tanto sintetizzare in tre tweet, se non fosse che i 140 caratteri concessi mal si conciliano con la mole di cose che vuole dire e soprattutto pensa di fare.
Ma dopo il discorso shock tenuto al Senato Renzi promette di volersi mantenere sul "bon ton istituzionale", provando "vertigini e stupore" per l'onore che gli viene concesso di sedere in un luogo in cui è stata fatta la storia del Paese. Ma dove ora si dovrà aprire un nuovo capitolo in cui, auspica, sia possibile "tentare di fare uno schiocco delle dita tutti insieme, come la Famiglia Addams".
Ma è la stessa Aula che gli riserva durissimi attacchi, le provocazioni dei Cinque Stelle. Lunga invece l'ovazione per l'ingresso di Pier Luigi Bersani e per l'abbraccio tra l'ex segretario del Pd e l'ex premier, Enrico Letta, che si siede al suo posto senza degnarlo di uno sguardo. Anche lui accolto da un caloroso applauso dell'emiciclo. Renzi non si fa cogliere di sorpresa: si alza per abbracciare l'ex segretario e durante la sua replica non manca di ringraziare il suo predecessore "in modo chiaro ed inequivoco". I risultati del voto diranno poi che, anche se sul filo, Letta avrà battuto sulla fiducia Renzi per un solo numero.
I "biglietti" con i 5Stelle - Sempre in Aula, il neo premier cadrà nel primo tranello dei Cinque Stelle: crede di poter trovare una 'sponda' nel vicepresidente della Camera grillino Luigi Di Maio e gli invia un biglietto in cui, incurante del trattamento già riservato a Bersani, tenta un provocatorio aggancio. "Scusa l'ingenuità caro Luigi. Ma voi fate sempre così? Io mi ero fatto l'idea che su alcuni temi potessimo davvero confrontarci. Ma è così oggi per esigenze di comunicazione o è sempre così ed è impossibile confrontarsi?". Il Cinque Stelle gli risponde picche e poi, se non bastasse, pubblica il 'carteggio' su Facebook.
Un attacco che segue allo 'sberleffo' dei Cinque Stelle oggetto di un nuovo battibecco con la presidente Boldrini che li ferma quando arrivano a definire il premier e il neo ministro del Tesoro "due figli di troika". Renzi si toglie però il suo sassolino dalle scarpe e ribatte: "Quando ho perso alle primarie con Pierluigi Bersani lui non mi ha espulso e il fatto che Bersani sia qui, avendo idee diverse dalle mie su molte cose, è un segno di stile e rispetto non personale ma politico. Siamo il Pd".
I pentastellati voteranno, ovviamente, il loro no alla fiducia. Così come Forza Italia. Il democratico Pippo Civati conferma il suo voto, anche se molto polemico: "Sognavo anche io che la nostra generazione arrivasse fin qui. Ma con le elezioni e non con una manovra di Palazzo". Non è il solo, tuttavia, dentro il partito a storcere il naso. "Ho espresso il mio voto di fiducia al governo esclusivamente per disciplina di partito e di gruppo" dice, ad esempio, il lettiano Marco Meloni. Anche i 'popolari': assicurano la fiducia ma, avvertono: "La velocità è necessaria anche in politica. Tuttavia non è inutile, mentre si corre, sapere dove si vada".
Renzi: "Senatori e telespettatori? Tutti cittadini" - "Gli italiani più che giudicare le parole vogliono giudicare i fatti". Lo ha detto martedì sera il premier Matteo Renzi a Ballarò. "Senatori e telespettatori sono lo stesso pubblico, non sono un pubblico diverso. I senatori sono cittadini che pro tempore svolgono un servizio diverso", ha spiegato Renzi riferendosi alle critiche arrivate per i suoi discorsi al Senato e alla Camera considerati troppo da campagna elettorale.
Renzi ha poi parlato del cuneo fiscale (entro un mese stabiliremo le risorse) e della Cassa depositi prestiti ("in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A"). "Sul cuneo fiscale - ha spiegato il premier - ci sono scuole pensiero diverso, Padoan si è preso tempo per verificarle. Alcuni professori della Bocconi insistono su 20-23 miliardi, altri hanno idea diversa. Un modo è abbassare Irap, un altro è abbassare Irpef, il terzo sul quale stiamo ragionando è quello degli oneri sociali".
"Letta? Io molto triste, ma tempo è galantuomo" - "Sono molto triste per come è stata riportata la vicenda a Palazzo Chigi con Letta, ma il tempo è galantuomo. Lo so io come sono andate le cose, ma sono convinto lo sappiano anche gli italiani. Io la politica la faccio con il sentimento, non con il risentimento. Avrei preferito un'altra soluzione ma questa accelerazione a noi è stata chiesta. Prima di tutto dal Pd e poi dagli altri alleati. L'urgenza del cambio della guardia al governo è dettata dall'angoscia delle persone che vogliono che le cose cambino".
"Berlusconi? Mi ha votato sfiducia e non fiducia" - Non c'è nessun accordo tra Renzi e Silvio Berlusconi. Lo ha detto lo stesso premier: "E' uno di quelli che mi hanno votato la sfiducia, non la fiducia".