Dopo un'altra mattinata di tensione, la ricucitura dei rapporti e l'approvazione, in serata, dell'articolo 2 del ddl del governo che archivia definitivamente l'elettività del Senato. L'M5S abbandona i lavori: "Non parteciperemo mai più ai lavori sul ddl"
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Nel percorso a ostacoli per le riforme, la giornata di venerdì ha rappresentato un punto di svolta: l'abbandono dell'aula da parte della minoranza (tranne FI), la ripresa del dialogo tra Pd e Sel, ma soprattutto l'approvazione dell'articolo 2 del ddl del governo, che istituisce il "Senato dei 100" e archivia l'ipotesi dell'elezione diretta. E con il meccanismo del "canguro", sono archiviati 4.500 degli oltre 7mila emendamenti al testo.
Il via libera alla riforma l'8 agosto, dunque, non solo non è più una chimera, ma nella maggioranza non si esclude di riuscire a finire addirittura il giorno prima: "La prossima settimana sarà conclusiva", esulta Matteo Renzi.
Una giornata di tensioni - A far risalire la tensione dei lavori dell'Aula, basta in mattinata l'immagine della senatrice di Ncd Laura Bianconi con una vistosa fasciatura al braccio, per essere stata colpita nei "tumulti" scoppiati la sera precedente. Il presidente del Senato, Pietro Grasso, dice a chiare lettere che si è assistito a scene "inaccettabili" che minano "la dignità" dell'istituzione: "Simili comportamenti non saranno più consentiti", aggiunge con riferimento ai "disordini" causati dalla Lega, che hanno bloccato i lavori. E annuncia "pesanti sanzioni".
Altrettanto dura, però, la reazione delle opposizioni alle sue parole: i 5 Stelle si imbavagliano e annunciano che non parteciperanno più alle votazioni. La Lega abbandona l'Aula, denunciando che si cambia la Costituzione come fosse un "regolamento di condominio". Salutano e vanno via anche i sette senatori di Sel: "Non ci sono le condizioni per un confronto democratico". In Aula restano solo maggioranza e FI.
Mentre vanno avanti le votazioni, con l'accantonamento grazie alla tecnica del "canguro" di 1.300 emendamenti tra loro analoghi, Grasso abbandona per la prima volta il suo scranno dopo tre giorni non-stop e tenta di ricucire. Il presidente sente i capigruppo e convince M5S e Sel (non la Lega) a tornare in Aula, perché "per le riforme c'è bisogno del contributo di tutti".
A quel punto, arriva un altro segnale di inversione di rotta: dopo la sollecitazione del dissidente Dem Tocci e del coordinatore di Ncd Quagliariello, il ministro Maria Elena Boschi prende la parola per dire che, fermo restando il no al Senato elettivo, resta "la disponibilità del governo al dialogo e al confronto su alcuni temi" contenuti negli articoli dal 3 al 40 del ddl.
"Finalmente un primo segnale di disponibilità del governo", replica Loredana De Petris (Sel): "Siamo disponibili a confrontarci". Inizia così il disgelo tra i vendoliani e il Pd.
All'ora di pranzo Renzi riceve a Palazzo Chigi i capigruppo dei partiti di maggioranza e conferma che si può trattare su alcune modifiche. L'idea è quella di mettere al sicuro l'architrave della riforma, con il via libera entro la serata all'articolo 2 sulla composizione del nuovo "Senato dei 100" (95 senatori eletti dai consigli regionali e 5 nominati dal capo dello Stato). Dopodiché ci si può prendere due giorni di riflessione nel fine settimana per provare a mediare su temi come la composizione della platea di elezione del Colle, l'immunità e, soprattutto, i referendum. E' quest'ultimo il punto su cui viene considerata più probabile una modifica già a Palazzo Madama, mentre sugli altri si potrebbe discutere alla Camera.
Subito dopo pranzo tocca alla Boschi vedere i capigruppo di Sel e Lega: due incontri interlocutori, per costruire le basi del dialogo. "Dopo giorni di blindatura e ostruzionismo il governo apre una finestra", commenta soddisfatto Nichi Vendola. Meno soddisfatto il Carroccio, che presenta dieci proposte ma mantiene una posizione "negativa" e resta fuori dall'Aula. Mentre il M5S denuncia che la Boschi non li ha voluti vedere e annuncia: "Non parteciperemo mai più ai lavori sul ddl".
Dopo l'abbandono dei grillini, in Aula i lavori vanno avanti spediti e a fine serata si riesce ad approvare l'articolo 2 e archiviare così l'ipotesi dell'elettività diretta del Senato, per la quale si battevano i dissidenti di tutti i partiti. "Le riforme stanno andando avanti e sono molto soddisfatto - commenta Renzi -. In Senato sentivo urlare 'non si può, non si può', non voglio fare citazioni americane ma noi siamo quelli del 'si può fare'. Basta con la logica del no".