Un anno e sei mesi per l'uso improprio dei fondi del gruppo consiliari del Piemonte: rimborsi gonfiati per cene, abiti di lusso, gioielli, borse, libri e corsi sull'uso dei social network
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La Corte di Cassazione, nell'ambito di uno dei filoni della "Rimborsopoli" piemontese, ha condannato in via definitiva la sottosegretaria all'Università Augusta Montaruli (FdI) a un anno e sei mesi per peculato. Nel mirino l'uso improprio dei fondi del gruppo consiliari del Piemonte, negli anni dal 2010 al 2014, quando era consigliera a Palazzo Lascaris.
I giudici supremi hanno applicato uno sconto di pena rispetto alla sentenza della Corte d'Appello di Torino, che nel 2021 l'aveva condannata a un anno e sette mesi. Confermate anche le condanne per l'ex presidente della Regione, il leghista Roberto Cota (un anno e sette mesi) e per l'ex deputato ed ex sindaco di Borgosesia Paolo Tiramani, sempre della Lega, (un anno e 5 mesi).
Montaruli era entrata in consiglio regionale con il Popolo della Libertà, quando il presidente era Roberto Cota. Insieme ad altri consiglieri era finita nella bufera giudiziaria dopo che la Procura torinese aveva contestato dei rimborsi gonfiati. Le spese riguardavano cene, abiti di lusso, gioielli, borse, ma anche corsi sull'uso dei social network e libri. Gli inquirenti avevano contestato alla Montaruli spese improprie per un totale di 41.552 euro, nel periodo dal 2010 al 2012.
In primo grado era stata condannata a quattro mesi per finanziamento illecito, in quanto si era fatta rimborsare una spesa di un ristorante per duecento euro dove si era tenuto un incontro elettorale con Maurizio Marrone, all'epoca dei fatti suo marito e oggi assessore regionale. Le accuse erano state rilanciare in appello e Montaruli era stata condannata per peculato, per essersi fatta rimborsare secondo l'accusa spese per circa 25mila euro.
Nel novembre 2019 la Cassazione ordina un secondo processo in Corte d'Appello che si conclude il 14 dicembre 2021 con la condanna a un anno e sette mesi. "Continuo a ribadire la mia innocenza, che peraltro fu riconosciuta dal Tribunale, a Torino, al termine del primo grado di giudizio. D'altra parte in Italia funziona così: c'è l'appello, l'appello bis, la Cassazione. Ma poi c'è la Corte europea per i diritti dell'uomo, alla quale farò sicuramente ricorso", afferma Roberto Cota, oggi avvocato, dopo la sentenza della Suprema Corte. "Nel ricorso - annuncia Cota - metterò in evidenza specifici profili di violazione delle norme comunitarie in materia di giustizia".