Frenano Pd e M5s. Letta: "Gennaio è lontano". D'Incà: "E' ancora presto per parlarne"
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Dopo la chiusura di Sergio Mattarella alla possibilità di un secondo mandato, da Matteo Salvini arriva un endorsement per il premier Draghi. "Febbraio è lontano - ha sottolineato il leader della Lega - e non abbiamo candidati nostri". Però è "certo che se il presidente Draghi si volesse proporre, avrebbe il nostro convinto sostegno". Frenano invece Pd e M5s.
"A differenza del Pd, che ha almeno dieci candidati di partito come presidente della Repubblica, noi aspettiamo il tempo dovuto e se Draghi ritenesse di fare quella scelta avrebbe il nostro convinto sostegno", ha aggiunto il segretario della Lega.
Silenzio generale di tutti i leader politici per ore, fino a quando dall'altra parte dello schieramento si manifesta il segretario del Pd Enrico Letta con assai maggiore prudenza: "quello che succederà a gennaio è talmente lontano rispetto a quello che capita quotidianamente che non sono in grado di dirlo in questo momento. Quello che e' certo e' che questo governo giorno per giorno, settimana dopo settimana, deve essere fondamentalmente il governo del 'delivery', il governo che consegna, che fa le cose, che applica tutte queste scelte". Per il Pd in sostanza non e' certo l'ora di destabilizzare il governo di Mario Draghi seppur con la sirena del Quirinale.
Sulla stessa lunghezza d'onda l'M5s che, con il ministro per i rapporti con il Parlamento, Federico D'Inca', raddoppia: "credo che siamo un po' in anticipo nel parlare del presidente della Repubblica. E' giusto farlo a novembre, dicembre, in questo momento forse meglio concentrarsi sulle riforme". L'appuntamento per l'elezione parlamentare del nuovo presidente e' lontano ma gia' si annuncia denso di insidie, passaggi politici complessi ed intrecci costituzionali che certamente non sfuggono alle forze politiche.
Le strategie dei partiti - Lanciare sin da ora Mario Draghi sul Colle fa intuire quanto la Lega guardi anche alle elezioni anticipate. Dall'altra parte la prudenza del Pd e dei Cinque stelle fa pensare il contrario, cioé che considerino la possibilità di non arrivare a fine legislatura nel 2023 un rischio per il sistema-Italia. Inedito ma del tutto legittimo per la Repubblica sarebbe un passaggio di consegne Chigi-Quirinale, con un premier che si dimette nelle mani del presidente uscente per prenderne il posto.