Gentiloni resta in carica con pieni poteri e non solo per l'ordinaria amministrazione. Appare difficile che le elezioni consegnino un risultato che consenta di esprimere un governo stabile
© ansa
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha sciolto le Camere e ricevuto al premier Paolo Gentiloni, salito al Quirinale per dichiarare chiuso il suo mandato e concludere la XVII legislatura. Al presidente del Consiglio ha chiesto di rimanere in carica per i provvedimenti più importanti e per le urgenze, in attesa dell'esito delle elezioni, fissate per il 4 marzo.
Gentiloni resta in carica e continua a governare - Il 23 marzo è invece stata fissata la riunione delle nuove Camere. Il Capo dello Stato, come aveva lasciato intendere, non ha quindi chiesto a Gentiloni di dimettersi, ma lo ha confermato, anche considerando le difficoltà prevedibili per il raggiungimento di una nuova maggioranza anche dopo le consultazioni. Sarà dunque ancora l'attuale premier a occuparsi delle questioni primarie nei prossimi mesi, a cominciare dal Def previsto per aprile e dalla gestione delle crisi internazionali.
Maggioranza difficile dopo il 4 marzo - Questa decisione di mantenere Gentiloni in sella al di là della consueta ordinaria amministrazione si è resa necessaria per mantenere un premier nel pieno esercizio delle sue funzioni, che sia in grado di affrontare ogni questione si possa proporre nei prossimi mesi, anche strettamente politica.
La questione è che sembra ormai altamente improbabile che ci sia chi raggiunga la maggioranza richiesta dalla legge elettorale per esprimere un governo: una situazione che renderà impossibile dare al Paese un nuovo esecutivo, lasciando l'Italia in una situazione di perenne, instabile campagna elettorale.
L'ipotesi di elezioni-bis - In tal caso servirebbero inoltre nuove consultazioni da parte del Capo dello Stato dopo le elezioni del 4 marzo, per individuare una maggioranza a sostegno di un nuovo governo, nuove trattative tra i partiti e possibili nuove elezioni: a giugno-luglio (come alcuni giá sollecitano, anche se la scadenza appare particolarmente difficile), oppure a ottobre-novembre. Per arrivare a questo periodo quindi sarebbe necessaria in ogni caso la presenza di un governo con pieni poter per gestire il Paese.
Nonostante questa situazione complicata, il presidente della Repubblica ha dichiarato che "quello delle elezioni non è mai un passaggio drammatico" a un cronista che gli augurava di risparmiare le forze in attesa delle elezioni e delle successive fatiche per la formazione di un nuovo governo.
Il Colle: obiettivo governabilità - In relazione ai problemi prevedibili del post elezioni, l'ex giudice della Consulta ha già fatto sapere che non basterà a nessuno avere un voto in più - o, comunque, pochi punti percentuali in più - per ottenere l'incarico della formazione di governo. L'obiettivo del ricorso alle urne è la governabilità, secondo il presidente della Repubblica, e non un effimero "red carpet" quirinalizio con destinazione il nulla. Dopo le consultazioni salirà al Colle solo chi avrà più chance di formare un esecutivo, come ordina la Costituzione di una repubblica parlamentare. E come vuole, al Quirinale non sfugge, una nuova legge elettorale anocra misteriosa ma che certamente non rinvigorisce la figura del candidato premier.
Incertezze da Rosatellum non sottovalutate da Mattarella che fin da subito spingerà le forze politiche a non eccedere in demagogia, a non inondare di promesse il corpo elettorale già gonfio di bulimia populista. I partiti devono lavorare per il bene dell'Italia e, mai come nel 2018, serve un ancoraggio alla realtà. Concetti che il capo dello Stato svilupperà nel suo discorso di fine anno.