il caso della nave aquarius

Soccorso dei naviganti in pericolo e accoglienza dei rifugiati: ecco cosa dicono le norme internazionali

Il ministro dell'Interno Salvini si trova a districarsi tra la difesa delle prerogative nazionali e diversi trattati internazionali che impongono il salvataggio di chi rischia la vita in mare

10 Giu 2018 - 19:58

    © marina-militare

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Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha respinto la nave Aquarius e scritto al governo maltese perché la accolga in un proprio porto, ma questa decisione rientra nelle sue prerogative? Ecco cosa prevedono i codici della navigazione e le norme internazionali sulla protezione dei rifugiati e i diritti umani.

Le norme sul soccorso in mare

In linea teorica Salvini non potrebbe rimandare a Malta le navi delle ONG, perché l’ingiustificata omissione di soccorso ai naufraghi è un reato. Lo dicono innanzitutto gli articoli 1113 e 1158 del Codice della navigazione. Il primo prevede che "chiunque [...] richiesto dall'autorità competente, omette di cooperare con i mezzi dei quali dispone al soccorso di una nave, di un galleggiante, di un aeromobile o di una persona in pericolo ovvero all'estinzione di un incendio, è punito con la reclusione da uno a tre anni". Il secondo invece recita: "Il comandante di nave, di galleggiante o di aeromobile nazionali o stranieri, che omette di prestare assistenza ovvero di tentare il salvataggio nei casi in cui ne ha l'obbligo a norma del presente codice, è punito con la reclusione fino a due anni. La pena è della reclusione da uno a sei anni, se dal fatto deriva una lesione personale; da tre a otto anni, se ne deriva la morte. Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione fino a sei mesi [...]"

Tutti soggetti, pubblici o privati informati di avaria o difficoltà per imbarcazioni o persone in mare, devono insomma intervenire quando ci siano vite in pericolo. Le indicazioni del Codice di navigazione sono rafforzate anche dalla Convenzione di Amburgo secondo la quale tutti gli Stati con zona costiera sono tenuti ad assicurare un servizio di ricerca e salvataggio (SAR, vale a dire "search and rescue", ricerca e salvataggio).

Risalendo a un livello normativo superiore, l'obbligo di salvataggio è previsto dall'articolo 2 della nostra Costituzione: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale."

Se si guarda al quadro normativo internazionale, a illustrare il comportamento che le navi devono tenere in mare è la Convenzione di Montego Bay, la carta delle Nazioni Unite sul diritto del mare (nota anche come UNCLOS, acronimo di United Nations Convention on the Law of the Sea), sottoscritta da 164 paesi tra i quali l'Italia. In particolare, l'articolo 98 definisce l'obbligo di prestare soccorso: "1. Ogni Stato deve esigere che il comandante di una nave che batte la sua bandiera, nella misura in cui gli sia possibile adempiere senza mettere a repentaglio la nave, l’equipaggio o i passeggeri: a) presti soccorso a chiunque sia trovato in mare in condizioni di pericolo; b) proceda quanto più velocemente è possibile al soccorso delle persone in pericolo, se viene a conoscenza del loro bisogno di aiuto, nella misura in cui ci si può ragionevolmente aspettare da lui tale iniziativa; c) presti soccorso, in caso di abbordo, all’altra nave, al suo equipaggio e ai suoi passeggeri e, quando è possibile, comunichi all’altra nave il nome della propria e il porto presso cui essa è immatricolata, e qual è il porto più vicino presso cui farà scalo. 2. Ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora a questo fine con gli Stati adiacenti tramite accordi regionali".

Perché allora Malta rifiuta la nave Aquarius, se tutti gli stati costieri devono garantire soccorso ai naviganti in pericolo? Nel 1997 la superficie del Mar Mediterraneo è stata ripartita in più zone durante la Conferenza di Valencia: dopo tale accordo, è di responsabilità italiana un quinto di tutto il Mediterraneo, l'equivalente di 500mila chilometri quadrati. Anche Malta è competente su una zona molto ampia, ma finora il governo di La Valletta ha goduto della cooperazione del nostro paese per assolvere ai propri compiti. Se si considera che Tunisia e Libia - che pure hanno firmato la Convenzione di Amburgo - non hanno disegnato le proprie aree di responsabilità SAR, quando una imbarcazione si trova in panne a Sud della Sicilia può contare sull'aiuto soltanto delle autorità italiane.

Le norme sui diritti umani e la protezione dei rifugiati
Di fatto, però, il ministro Salvini può rifiutare l'accesso ai porti nostrani delle navi di migranti:  le convenzioni internazionali sul diritto del mare, impongono l'obbligo di solidarietà (vale a dire di prestare soccorso a chi è in pericolo), di fatto non prevedono esplicitamente l’obbligo per gli stati di far approdare nei propri porti le navi che hanno effettuato il salvataggio.

Al netto di questo paradosso, chiudere i porti alle imbarcazioni delle ONG che hanno tratto in salvo i migranti può diventare una violazione delle norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati. In questo caso a entrare in gioco è il cosiddetto "principio di non refoulement" sancito dalla Convenzione di Ginevra (articolo 33, comma 1) e quanto espressamente previsto dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU, articoli 2 e 3): "Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche" (articolo 33, comma 1 Convenzione di Givevra).

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