La Corte Costituzionale ha esaminato le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge
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L'applicazione retroattiva della cosiddetta legge Spazzacorrotti è illegittima. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale, esaminando le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge 9 gennaio 2019 n. 3, "che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione".
La Corte Costituzionale, spiega una nota, ha esaminato le censure sollevate da numerosi giudici sulla retroattività della legge Spazzacorrotti, che ha esteso ai reati contro la pubblica amministrazione le preclusioni previste dall'articolo 4 bis dell'Ordinamento penitenziario rispetto alla concessione dei benefici e delle misure alternative alla detenzione. E ha preso atto che, secondo la costante interpretazione giurisprudenziale, le modifiche peggiorative della disciplina sulle misure alternative alla detenzione vengono applicate retroattivamente, e che questo principio è stato sinora seguito dalla giurisprudenza anche con riferimento alla legge Spazzacorrotti.
La Corte ha dichiarato che questa interpretazione è costituzionalmente illegittima con riferimento alle misure alternative alla detenzione, alla liberazione condizionale e al divieto di sospensione dell'ordine di carcerazione successivo alla sentenza di condanna. Secondo la Corte, infatti, l'applicazione retroattiva di una disciplina che comporta una radicale trasformazione della natura della pena e della sua incidenza sulla libertà personale, rispetto a quella prevista al momento del reato, è incompatibile con il principio di legalità delle pene, sancito dall'articolo 25, secondo comma, della Costituzione.