Il "no" che cambiò l'Italia, i manifesti del referendum sul divorzio del 1974
© camera-dei-deputati
© camera-dei-deputati
La campagna politica ha visto opporsi i fautori del "sì" (Dc, Msi e Comitati civici) e i promotori del "no" (Pci, Psi, Partito radicale e associazioni laiche)
© camera-dei-deputati
"La famiglia deve vincere, vota sì" contro "Il mondo ci guarda, gli italiani votano no". La battaglia politica a suon di manifesti e slogan che ha preceduto il referendum abrogativo (il primo in assoluto) sul divorzio del 1974 è stata tra le più avvincenti e importanti della storia dell'Italia repubblicana. Da una parte i sostenitori del "sì" e "dell'integrità della famiglia" (Dc, Msi e Comitati civici), dall'altra i promotori del "no" e della "libertà di scelta" (Pci, Psi, Partito radicale e associazioni laiche).
© camera-dei-deputati
© camera-dei-deputati
La lotta referendaria si giocò in gran parte sul fronte della comunicazione, evidenziando un interessante contrasto tra slogan e metodi dal sapore "antico" e utilizzo di nuovi mezzi di diffusione come gli spot televisivi. A farla da padrone, però, sono i manifesti che tappezzano i muri di tutte le città d'Italia: un campionario di frasi a effetto, di proverbi e storie che fanno leva sulle emozioni della gente.
La preoccupazione più grande dei partiti a favore dell'istituto introdotto in Italia nel 1970 con la legge Fortuna-Baslini era legata alla formula abrogativa: gli italiani avrebbero infatti potuto confondersi e votare "sì" pensando di contribuire alla causa del divorzio. Per questo motivo i manifesti dei "no" apparivano più semplici e meno evocativi, con l'utilizzo di parole come "libertà" e "scelta" accanto alla spiegazione del voto. Sull'altro fronte i fautori del "sì" puntavano su storie di famiglie che esaltano l'istituto del matrimonio, fatto di compromessi e di condivisione.
Una battaglia pervasiva e "totale", che portò al voto l'87,72% degli aventi diritto, il quorum maggiore mai registrato finora in Italia. Il 12 e il 13 maggio del 1974 gli italiani dissero "no" all'abrogazione della legge sul divorzio, con una maggioranza del 59,1%.