La figura del magistrato è stata ricordata a Palermo a 30 anni dall'attentato in cui perse la vita nel 1992
La mafia temeva Giovanni Falcone e Paolo Borsellino "perché avevano dimostrato che essa non era imbattibile e che lo Stato era in grado di sconfiggerla attraverso la forza del diritto". Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato la figura dei magistrati uccisi da Cosa Nostra nel 1992 durante la cerimonia di commemorazione della strage di Capaci. "Con la loro professionalità e determinazione - ha spiegato - avevano inferto colpi durissimi alla mafia". E Falcone "coltivava il coraggio contro la viltà, frutto della paura e della fragilità di fronte all'arroganza della mafia. Falcone non si abbandonò mai alla rassegnazione o all'indifferenza".
Alla cerimonia è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi: "A trent'anni dalla Strage di Capaci, il governo ricorda con profonda commozione Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro. La loro memoria è forte, viva, universale", ha detto il premier aggiungendo che "il loro eroismo ha radicato i valori dell'antimafia nella società. Oggi dobbiamo continuare a far rivivere il senso più profondo dell'eredità di Falcone, nella lotta senza quartiere alla criminalità organizzata e nella ricerca della verità. Lo dobbiamo ai loro cari e ai cari di tutte le vittime dello stragismo mafioso".
La figura di Falcone è stata celebrata anche dal ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. L'Italia è "unanimemente riconosciuta come Paese guida nella lotta al crimine organizzato" grazie all'impegno del magistrato, ha dichiarato - "La pietra miliare di tutto questo lavoro dal punto di vista della diplomazia - ha aggiunto - è la convenzione di Palermo. Nel 2020 come Farnesina abbiamo costruito il programma Falcone e Borsellino con 400 magistrati dall'America Latina e Caraibi che si formano con le autorità italiane".