A poche ore dall'approvazione della legge annuale per il mercato e la concorrenza, continua la battaglia dell'associazione con il presidente Marco Parini: "E' svilente perdere così i nostri tesori"
di Gabriella PersianiNon solo tassisti in rivolta: la Legge 2085 per il mercato e la concorrenza in approvazione il 5 aprile alla Camera con voto di fiducia fa infuriare anche gli appassionati d'arte e chi cerca di tutelarla. "Questo svilimento del valore dei tesori italiani non ha precedenti in passato", è l'amara riflessione del presidente di Italia Nostra Marco Parini, raggiunto da Tgcom24 a poche ore dal passaggio in Aula che permetterà l'uscita senza controllo del patrimonio artistico in mano ai privati e che fino a oggi è controllato da appositi enti statali, gli uffici esportazione. "Sconcerta che il ministero dei Beni culturali non sia intervenuto per bloccare ciò che abbiamo ribattezzato Svendiarte, e cioè l'articolo 68 sulla semplificazione della circolazione internazionale di beni culturali messo proditoriamente all'interno della regolamentazione di taxi, Uber e altri settori commerciali". A cosa si andrà incontro? "Ciò permetterà - spiega Parini - al proprietario di un Fontana, per esempio, di farlo uscire per sempre dall'Italia e che attraverso le case d'asta estere finisca appeso al muro di un milionario in Cina".
La battaglia lunga più di un anno di Italia Nostra contro lo Svendiarte approda al giorno della verità?
"Purtroppo sì. E dico purtroppo perché questa norma che avrebbe dovuto essere discussa all'interno del ministero dei Beni culturali e dell'apposita commissione Cultura è stata portata impropriamente nell'altra commissione tra norme relative a taxi e Uber, con intervento proditorio".
Perché no allo Svendiarte?
"L'articolo 68 della Legge 2085 per il mercato e la concorrenza, riguardante la semplificazione della circolazione internazionale di beni culturali, è grave dal punto di vista dei contenuti, perché rischia di depauperare il patrimonio italiano".
Quali sono i punti da contestare?
"Due. Il primo riguarda la soglia minima di valore dell'opera che permette la sua uscita senza passare dai 18 uffici esportazione del ministero dei Beni culturali. Oggi non c'è una soglia e tutto passa dagli uffici preposti per la sua valutazione. In prima battuta si era pensato a 150mila euro per far uscire liberamente dall'Italia opere con un valore minore. E la nostra battaglia è stata senza precedenti, perché avrebbe voluto dire perdere per sempre anche pezzi del Barocco".
Con quale risultato?
"Ora è stata fissata la soglia minima a 13.500 euro senza passare dall'ente, ma con un'autocertificazione. Ciò fa intuire la facilità con cui si dichiarerà poco valore in uscita, per la gioia degli antiquari esportatori. Inoltre, l'altro errore è che in questo modo i beni culturali acquisiscono una vera e propria qualità di merce, mentre c'è stata sempre una deroga nella libera circolazione dei beni culturali fin nella carta fondante dell'Ue".
E il secondo punto incriminato?
"L'innalzamento dell'età di un'opera da esportare senza passare dagli uffici del Ministero, che passa da 50 a 70 anni. Così si svende tutta l'arte del Novecento, che potrebbe uscire dal nostro territorio senza fare mai più ritorno e senza una tracciabilità certa. Addio a Carrà, Sironi, Fontana, Guttuso... Tutto a favore di collezionisti, galleristi, antiquari italiani e soprattutto esteri che fanno campagna acquisti in Italia".
Il dado è dunque tratto?
"Sconcerta che il ministero dei Beni culturali non sia intervenuto per bloccare l'operazione: da una parte nella sua attività esalta i tesori artistici italiani, ma sottobanco approva uno svilimento che non ha precedenti in passato. Ma Italia Nostra non si arrende".
Quale sarà la vostra prossima mossa?
"Abbiamo fatto tutte le richieste parlamentari possibili e quando lo Svendiarte diventerà norma faremo ricorso contestando la sua legittimità costituzionale".
Riceviamo e pubblichiamo
Ho letto le dichiarazioni del Presidente di “Italia nostra” Marco Parini, pubblicate su TGCOM 24 del 3 aprile 2017 h. 8.57, che disegna una Italia fosca ed ignorante dedita alle peggiori nefandezze che intende depauperare le opere del novecento grazie alla disonestà ed alla complicità degli antiquari, dei mercanti, dei privati, dei collezionisti, ecc. Grazie anche alla possibile autocertificazione di 13.500 euro usciranno preziosi tagli di Fontana, fori di Burri e specialmente “pezzi del Barocco”.
I timori del Presidente di “Italia nostra” sono immotivati, perché l’innalzamento dell’età di un bene per essere considerato di antiquariato da 50 a 70 anni non porterà ad impoverire il patrimonio artistico nazionale, così come una rigorosa soglia di valore sotto la quale limitarsi ad un’autocertificazione non fa che essere in linea con quanto previsto dal Codice dei Beni Culturali, in vigore dal 2004. Gli antiquari da sempre proteggono e salvaguardano il patrimonio artistico e culturale nazionale. Certo sono anche imprenditori, ma le regole esistono e sono sempre state estremamente severe: innalzare l’età del bene antiquario a 70 anni è solo una questione di intelligente innovazione. Non si può, infatti, pensare che un vecchio ferro da stiro possa essere un bene da proteggere solo perché vetusto.
La soglia di valore a 13.500 euro (in Francia ed in Inghilterra e nei Paesi del nord Europa i valori sono decisamente più elevati) è una saggia decisione condivisa dal Ministero dei Beni Culturali che sa quello che vale e non deve uscire dall’Italia e quello che è normalmente vendibile (non dimentichiamo che gli antiquari italiani acquistano anche dall’estero e fanno entrare nel nostro Paese molti beni pregevoli). La soglia di valore porta il mercato italiano ad essere un po’ più europeo rispetto al passato, non contribuisce certo a privare l’Italia dalle sue inestimabili ricchezze artistiche e culturali.
Parlare di “svendiarte” è sbagliato e pericoloso, perché induce a penalizzare una categoria professionale che al contrario promuove ed incoraggia la difesa, la conservazione e la fruizione dei beni culturali ed artistici. La reputazione degli antiquari italiani non può e non deve essere messa in discussione. Gli antiquari aderenti alla nostra Federazione devono accettare il Codice Deontologico della categoria che all’art. 6 recita “Gli associati devono attenersi ad una scrupolosa applicazione delle leggi. Si dichiarano favorevoli alla conservazione del Patrimonio Culturale Italiano e alla tutela delle opere d’arte da furti e falsificazioni. Si obbligano ad informare i competenti organi di controllo ogni qualvolta vengano a conoscenza di illeciti in questo campo”.
Fabrizio Pedrazzini, presidente di Fima, Federazione Italiana Mercanti d’Arte