Preoccupazioni anche degli Usa, ma Conte è pronto alla firma. Salvini: "Nessun pregiudizio, ma prudenza". Di Maio: "Non è l'occasione per stabilire nuove alleanze"
© ansa
L'adesione dell'Italia alla nuova Via della Seta, che potrebbe formalizzarsi a fine marzo in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping a Roma, preoccupa gli Usa e l'Europa. "E' un rischio per i valori comuni dell'Ue nel lungo periodo", scrive Bruxelles. Ma lo scontro è anche interno al governo, con i Cinquestelle che spingono per la firma e la Lega che non nasconde le perplessità.
I timori della Lega - Non è solo l'aspetto della sicurezza informatica a preoccupare Matteo Salvini che, da Milano, avverte: "Se si tratta di colonizzare l'Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, allora no" all'intesa. Già domenica sia il vicepremier sia Giancarlo Giorgetti avevano espresso le loro perplessità sulla tenuta della difesa degli interessi nazionali, a cominciare da quelli della cibernetica.
Salvini: "Non pregiudizi, ma prudenza" - Il ministro dell'Interno sottolinea che l'Italia "non nutre pregiudizi" sulla Cina, ma vuole usare "molta prudenza". "Siamo favorevoli al sostegno e all'apertura dei mercati per le nostre imprese. Altre però sono le valutazioni, sempre attente, che occorre fare in settori strategici per il nostro Paese come telecomunicazioni e infrastrutture", afferma il leader del Carroccio.
I Cinquestelle: "Lavoriamo per le imprese" - Nelle ultime ore lo scontro con il M5S emerge in tutta la sua forza "elettorale". "Sorprende la spaccatura della Lega sulla via della seta", sottolineano dal Movimento ricordando come tra i primi promotori dell'adesione alla Bri ci sia proprio Michele Geraci, sottosegretario al Mise in quota Lega. "Questa frattura interna fa male alle nostre imprese e al Made in Italy. Stiamo lavorando perché le imprese ci chiedono uno sforzo per portare l'Italia nel mercato cinese e non subirlo", sottolinea il Movimento.
Di Maio: "Non è l'occasione per nuove alleanze" - Per il vicepremier Luigi Di Maio, la Via della Seta "non è assolutamente l'occasione per noi per stabilire nuove alleanze a livello mondiale e geopolitico, ma il modo per dire che dobbiamo riequilibrare le esportazioni di più sul nostro lato, un rapporto ora sbilanciato sulla Cina".
Tria: "Una tempesta in un bicchier d'acqua" - Per il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, "si sta facendo credo una gran confusione su questo accordo, che non è un accordo, è un Memorandum of understanding", "si ribadiscono i principi di cooperazione economico e commerciali presenti in tutti i documenti europei, nessuna regola commerciale ed economica viene cambiata". Cambiare le regole commerciali "non sarebbe nelle possibilità italiane visto che è una competenza europea, credo che si stia facendo un po' una tempesta in un bicchier d'acqua".
Conte prova a rassicurare - Anche il premier Conte tenta di smorzare i toni, ricordando che il Memorandum non costituisce un accordo internazionale e "può rappresentare un'opportunità per l'Italia e per la Ue e l'occasione per introdurre i nostri criteri e standard di sostenibilità finanziaria, economica e ambientale", spiegano fonti di Palazzo Chigi rimarcando due concetti. Il primo è una replica indiretta ai timori di Donald Trump: l'intesa è meramente economica e commerciale non "ridisegna il quadro dei rapporti politici e la collocazione euro-atlantica del nostro Paese". Il secondo concetto sembra invece essere diretto proprio alla Lega: "Poniamo massima attenzione alla difesa dei nostri interessi nazionali, alla protezione delle infrastrutture strategiche, incluse quelle delle telecomunicazioni, e quindi alla sicurezza cibernetica".
L'allarme di Bruxelles - Ai timori di Washington si aggiungono anche quelli di Bruxelles. Per l'Ue, scrive il Corriere della Sera, la Cina è "un avversario sistemico che ha modelli di governance diversi" da quelli comunemente accettati in sede internazionale, che obbligano il Vecchio Continente a "difendere i propri principi e valori". L'auspicio è quello di un'Europa unita in grado di adottare politiche e accordi più stringenti con Pechino "per rafforzare le proprie politiche" e difendere "la propria base industriale".
L'Italia sarebbe il primo Paese del G7 ad aprire a Pechino - Al momento, tuttavia, il governo pare intenzionato a firmare l'accordo. L'Italia sarebbe così il primo Paese del G7 ad aderire ad una iniziativa che potrebbe aprire ulteriormente, dal punto di vista commerciale, il Belpaese ai colossi economici cinesi. Con particolare attenzione al settore marittimo e ai porti di Genova e Trieste dove le imprese cinesi sono già da tempo impegnate ad ultimare accordi con gli interlocutori italiani. Ma, salvo poche eccezioni (Grecia e Portogallo) la nuova Via della Seta continua a non convincere i Paesi Ue. Iniziativa che si innesca, inoltre, nella grande guerra tra Usa e Cina sui dazi e sul caso 5G-Huawei.