la testimonianza

Ayrton Senna, uno di famiglia

Il racconto di quel pomeriggio di vent'anni fa a Imola, tra sirene di ambulanze, elicotteri e una strana sensazione legata alla morte del pilota brasiliano

di Domenico Catagnano
01 Mag 2014 - 16:52
 © -afp

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Ho "convissuto" con Senna per circa tre anni, prima di quel dannato primo maggio 1994. Ayrton era quello che oggi chiameremmo l'amore virtuale della mia fidanzata di allora. Un amore radicato nato prima che ci mettessimo insieme e fatto di poster, ritagli di giornale, videocassette, cimeli, anche foto, perché lei andava ai gran premi e un paio di volte era riuscita a incrociare il pilota brasiliano e a fare immortalare il momento. Ayrton ovviamente era bellissimo, ovviamente era disponibilissimo, e io ovviamente lo detestavo. Nell'assurdità della situazione, ci stava insomma anche un'irrazionale gelosia.

Ma il destino a volte è beffardo, e il destino ha voluto che quel primo maggio del 1994 io fossi a Imola. Ero andato a trovare un'amica a Bologna la quale aveva comprato due biglietti per il Gran Premio per lo zio e il cugino che dovevano venire dalla Sicilia per recarsi a Imola. Uno dei due però si beccò un febbrone da cavallo ed entrambi rinunciarono alla trasferta.

L'amica si era ritrovata questi due biglietti ma non aveva nessuna voglia di andare a vedere la corsa, e io con lei. Ma non le andava neanche di sprecare quei tagliandi, che magari potevano fare la felicità di qualche tifoso, considerato che di biglietti in giro non se ne trovavano più. Allora di buon mattino prendemmo un treno, andammo a Imola per vendere quei due preziosi posti e per fare un giro nella cittadina, visto che nessuno di noi l'aveva mai vista.

Ci accolse un'atmosfera irreale. Tra i tifosi c'era sì l'attesa per la corsa che si sarebbe disputata dopo poche ore ma la morte di Ratzenberger era al centro dei pensieri di tutti. Vendemmo i biglietti con facilità, cominciammo il nostro giro, andammo a pranzo e poco dopo, nel percorso verso la stazione per tornare a Bologna ed evitare la ressa dei tifosi, successe qualcosa di strano. Ci sembrò che la presenza degli elicotteri sopra la nostra testa fosse al'improvviso aumentata. Il rumore era più assordante ma non riusciva a coprire le sirene delle ambulanze che sfrecciavano tra le vie della città. Era chiaro che fosse successo qualcosa, andammo in un bar e dalla tv capimmo tutto.

Mi precipitai in una cabina telefonica a chiamare la mia fidanzata, ovviamente in lacrime. Ebbi la sensazione, improvvisa, strana e dolorosa, di aver perso qualcuno di famiglia.

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