Intervista al pianista e compositore
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Si intitola "Confesso che ho suonato" l'autobiografia di Gaetano Liguori, pianista e compositore, un volume che ripercorre la sua carriera fin dagli inizi. Per lui quasi una logica conseguenza l'essere diventato musicista, suo padre e suo zio erano entrambi batteristi. Insegnante al Conservatorio di Milano, si è sempre mosso con disinvoltura dal jazz alla musica contemporanea, è anche diplomato in composizione e musica elettronica, mantenendo negli anni una coerenza ed una autenticità raramente riscontrabile in altri. Liguori è ospite di "Jazz Meeting" questa settimana.
"Nasco come batterista - dice Liguori - vengo da una famiglia di batteristi: da Napoli mi spostai a Milano con la mia famiglia, a 11 anni sostituii mio padre in una dancing a Riccione, proprio in quel momento ebbi la percezione che la musica sarebbe diventata il mio lavoro. Successivamente ho frequentato il Conservatorio a Milano e mi sono diplomato iniziando poi la mia attività di didatta che prosegue anche oggi. Ho scelto il pianoforte perché era lo strumento che mi attirava maggiormente, ideale per fare musica che per me è stato anche un mezzo per affermarmi come persona, in ambito politico e sociale".
Anche per te gli anni '70 sono stati un periodo "magico"...
Negli anni 70 ero convinto che proprio il jazz potesse essere la colonna sonora dei 'moti di protesta' di quel periodo, proprio in quel decennio aumentammo il numero dei nostri concerti fino ad arrivare a 200 l'anno. Sulle colline lecchesi a Ballabio partecipai al festival di "Re Nudo", ne parlo anche nel libro, presentando anche alcuni aneddoti, come quando suonavamo a mezzanotte facendo free jazz davanti ad un pubblico "woodstockiano" che non accolse benissimo la nostra musica. Successivamente portammo il jazz nel fabbriche occupate e nelle scuole, avendo sempre un ottimo riscontro. Quello era il periodo dell'Idea Trio con il nostro primo disco "Cile Libero Cile Rosso" ristampato 40 anni dopo da Radio Popolare. Gli anni '70 per me si conclusero con il concerto all'Arena di Milano per Demetrio Stratos, davanti a 60 mila persone con i migliori musicisti italiani di quel periodo: dai cantautori ai gruppi ed ai cantanti "alternativi".
Negli anni '80 il tuo impegno si è orientato verso il cinema ed il teatro...
Si ho lavorato con il premio Nobel Dario Fo, ho fatto molte cose in teatro ed al cinema, ho creato una mia etichetta indipendente, iniziando a viaggiare per il mondo con i comitati di solidarietà: Cuba, Eritrea, Nicaragua, Senegal ed in molti altri Paesi. Lo scorso anno ho ricevuto l'Ambrogino d'Oro, massima onorificenza milanese, poi la sera stessa ho festeggiato andando a suonare in un centro sociale occupato, dove tanti giovani si sono resi conto che anche attraverso la musica, si può fare politica. Un concetto che ho voluto ribadire anche nel mio disco uscito qualche tempo fa "Noi credevamo….e crediamo ancora" con l'Idea Trio che si è riunito per l'occasione con Roberto del Piano al basso e Filippo Monico alla batteria.
Progetti futuri?
Nel 2015 vorrei avere il tempo di realizzare un disco completamente nuovo, che ambisco a produrre senza pressioni e con la massima calma.