Due ragazzine uccidono e la colpa è di Grand Theft Auto: dove era la società civile?
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Se la vita fosse un videogioco, una cosa è certa: le due ragazzine di Udine, non avrebbero fatto quello che hanno fatto. Perché se è vero quello che dicono (“Ci sentivamo come in Grand Theft Auto”) allora o non hanno mai giocato a Gta oppure nascondono dietro un inverosimile paravento, le loro responsabilità. Perché in Gta non ci sono minorenni che rubano auto, rimorchiano pensionati e li ammazzano a sangue freddo (o caldo, non importa) per rubargli quattro soldi. No, in tutta la serie proprio non si trova un momento del genere. Certo, c’è violenza, sesso, sparatorie, furti. Peccato che nel gioco siano tutti elementi contestualizzati, esattamente come succede nei film di Martin Scorsese (perché non si sentivano dentro The Departed?) oppure di Quentin Tarantino (si aspettavano che resuscitasse come Uma Thurman in Kill Bill?).
La verità è che forse non sapremo mai la verità: i videogiochi sono probabilmente l’ultima trovata di una coppia di ragazzine che magari vive in un mondo fantastico fatto di canne, alcool e (anche) giochi violenti. E’ molto più facile incolpare Gta di essere stato un cattivo maestro (ma chiediamoci allora dove fossero i maestri veri, dove i genitori, dove gli assistenti sociali, dove anche gli amici), dare la colpa a un videogioco che addossarsi la totale responsabilità di un crimine del genere.
Una versione che fa comodo anche alla società civile: meglio credere che sia sempre colpa degli altri che interrogarsi su quale ambiente possa permettere a due adolescenti di diventare spietate serial killer. Quale vuoto di valori può esistere alla base di una vicenda del genere. Meglio pensare che la crudeltà, il male, la cattiveria, anche semplicemente la violenza, non facciano parte del mondo, ma siano digitalizzati. Così la realtà, fa un po’ meno paura. Peccato che il corpo all’obitorio, sia tragicamente vero. Nessuna vita extra per Mirko Sacher. E per le due ragazze, nessuna partita da ricaricare.