A Tgcom24, la consulenza della professoressa Patrizia Rovere Querini, primario di Medicina Generale a Indirizzo Salute Metabolica e Invecchiamento dell’Ospedale San Raffaele di Milano e Professore Associato di Medicina Interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele
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Purtroppo, in molti ancora non hanno mai sentito parlare dell’età pregeriatrica, ovvero quella fase della vita che precede la geriatria vera e propria e ne determina la qualità. Con questo termine in ambito sanitario ci si riferisce alle persone di età compresa tra i 45 e i 65 anni, solitamente lo stesso periodo in cui iniziano a manifestarsi i primi segni dell’invecchiamento, ma senza la presenza di fragilità marcate. Ne abbiamo parlato con la professoressa Patrizia Rovere Querini, primario dell’Unità Operativa di Medicina Generale a Indirizzo Salute Metabolica e Invecchiamento dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e Professore Associato di Medicina Interna presso l’Università Vita-Salute San Raffaele.
Come si manifesta l'ingresso nell'età pregeriatrica?
"Grazie alla ricerca oggi sappiamo che la qualità dell’invecchiamento è risultato di scelte e stili di vita adottati proprio in questi anni che lo precedono. I primi segnali che indicano l’ingresso nell’età pregeriatrica possono variare da persona a persona, ma spesso si manifestano con un aumento ponderale accompagnato a una riduzione relativa della massa muscolare e della performance fisica. A questo si associano un incremento della pressione arteriosa e/o dei livelli di colesterolo e zuccheri nel sangue. Anche la memoria e la capacità di concentrazione possono iniziare a cambiare, così come la qualità del sonno".
Perché è importante fare prevenzione durante l'età pregeriatrica?
"Questa fase della vita è un momento cruciale: offre infatti un’ultima occasione per prevenire o ritardare l’insorgenza delle malattie legate all’invecchiamento. Tra queste rientrano le patologie cardiovascolari, come l’ipertensione e l’arteriosclerosi, responsabili di infarti e ictus, il diabete, l’osteoporosi e la sarcopenia, che indeboliscono rispettivamente la struttura delle ossa e la massa muscolare. Anche il declino cognitivo, le demenze e le loro conseguenze, come depressione e isolamento sociale, possono essere contrastati con qualche accorgimento in questa finestra temporale. L’attenzione alla salute può davvero fare la differenza nel garantire un invecchiamento sano e attivo. È molto importante sottoporsi ai controlli medici regolarmente, per valutare la pressione arteriosa, i valori ematici per il colesterolo e dei trigliceridi, la glicemia e la funzionalità renale oltre al rischio di osteoporosi grazie alla densitometria ossea. Nel frattempo, è sempre bene praticare attività fisica costante, ma non usurante, e seguire un’alimentazione equilibrata, ricca di proteine, fibre, vitamine e povera di zuccheri semplici e grassi saturi. Lo stile di vita conta tantissimo nel determinare un invecchiamento sano: l’alimentazione incide sulla prevenzione delle malattie metaboliche e cardiovascolari, l’attività fisica aiuta a mantenere muscoli e ossa forti, il sonno di qualità supporta il sistema immunitario e il cervello, e ridurre il fumo e l’alcol previene problemi respiratori e tumori. Anche se uno dei fattori di rischio più sottovalutato è lo stress. Lo stress cronico, infatti, può aumentare il rischio di sviluppare le malattie citate sopra come l’ipertensione, la steatosi epatica, il diabete e le malattie cardiovascolari, oltre a favorire infiammazione e declino cognitivo. La solitudine, poi, è un altro fattore di rischio importante per depressione e demenza. Ecco perché è fondamentale mantenere relazioni sociali, coltivare interessi e dedicarsi a hobby e attività stimolanti per favorire la cosiddetta plasticità cerebrale. Leggere, imparare nuove cose, suonare uno strumento o risolvere enigmi può aiutare a mantenere attive le connessioni neurali proteggendo il cervello dall’invecchiamento".
Come affrontate l'età pregeriatrica al San Raffaele?
"Mentre la ricerca continua a studiare nuove strategie per rallentare l'invecchiamento cellulare, al San Raffaele affrontiamo questa fase cruciale della vita con un approccio completo e personalizzato grazie a un team multidisciplinare, composto da internisti, endocrinologi, cardiologi, nutrizionisti e psicologi, che vive e opera all’interno del nuovo Centro di Eccellenza per la Salute Metabolica, istituito proprio con l’obiettivo di affrontare in maniera organica i diversi aspetti che compongono la sindrome metabolica per ridurre al minimo il rischio cardiovascolare e l’invecchiamento non di successo. Per questo, oltre a contribuire alla ricerca in questo campo, il nostro impegno si traduce in percorsi di prevenzione e cura su misura che permettono di adattare prevenzione e terapie al profilo genetico e metabolico di ogni individuo. Quando il paziente si rivolge al nostro Centro la squadra procede ad una valutazione specialistica, che comprende la visita medica e una valutazione nutrizionale, per poi passare alla valutazione del profilo metabolico, ovvero la valutazione real-time della condizione di diabete e/o pre-diabete, dislipidemia, infiammazione sistemica. Successivamente si procede a educare il soggetto alla salute metabolica fornendo indicazioni generali sulla nutrizione clinica, sull’attività fisica e in ambito psicologico, e infine, si predispone il monitoraggio e il follow-up, cadenzato da visite di controllo in presenza e/o in telemedicina a seconda delle indicazioni cliniche. Quando indicato, il nuovo Centro d’Eccellenza del San Raffaele, in quanto centro di riferimento in Lombardia, può avvalersi della somministrazione di una nuova classe di farmaci, come Semaglutide e Tirzepatide, che attraverso meccanismi d’azione innovativi, e mantenendo un profilo di sicurezza molto elevato, hanno dimostrato efficacia nell’ambito del sovrappeso e dell’obesità. La ricerca degli ultimi anni ha infatti confermato l’efficacia di quest’ultimi nella cura della sindrome metabolica essendo capaci di ridurre il rischio di ictus e di infarto e di proteggere il cuore".