POPULAR

Girolamo De Simone ricorda Luciano Cilio con un recital di pianoforte

Il pianista e compositore ospite di "Popular" racconta il suo recital al museo Casa Menotti di Spoleto

di Giancarlo Bastianelli
30 Mag 2022 - 16:33
 © Gabriele Montagnano

© Gabriele Montagnano

Il 21 maggio 1983 la musica e la cultura italiana perdevano Luciano Cilio. Compositore autodidatta, figura poliedrica del panorama culturale italiano, Cilio fece della coerenza la base della sua opera, che non fu mai auto referenziata, ma aperta al confronto con i musicisti. Al Museo Casa Menotti di Spoleto, il 21 maggio scorso, in occasione dell'anniversario della scomparsa di Cilio, il pianista e compositore Girolamo De Simone ha dato vita a un recital di pianoforte eseguendo tra l'altro "Quadri" da "Dialoghi del presente", disco pubblicato da Luciano Cilio nel 1977.

Pianista, elettro-performer e compositore, De Simone nella sua formazione si è riferito a Eugenio Fels, che lo ha seguito dai primi passi fino al diploma di pianoforte, a Riccardo Risaliti, Gordon Murray (clavicembalo) e a Eliano Mattiozzi-Petralia (direzione d’orchestra). Negli anni Ottanta sono poi determinanti gli incontri con il compositore autodidatta Luciano Cilio (1982) e con John Cage, che conosce in occasione di “Events” (Napoli, 1984). Non si tratta di suoi ‘insegnanti’, ma di figure carismatiche che segneranno le scelte future, non solo musicali. Dopo l’esordio ufficiale con Cilio e Fels a Villa Pignatelli (Napoli) nel 1982, De Simone partecipa a numerosi festival, raccogliendo consensi per le ricerche sui nuovi linguaggi e per la riscoperta di repertori inediti o rari. Nel 2019 è stato l’unico italiano invitato a comporre, ed eseguire in performance, un brano originale dal Festival ECM – Angeli Musicanti, in occasione del 50° anniversario della storica etichetta tedesca. In qualità di teorico delle musiche di frontiera Girolamo De Simone ha pubblicato libri, saggi, articoli e recensioni anticipando le tematiche della contaminazione tra generi musicali, della critica allo sperimentalismo e delle nuove estetiche mass-mediali. Si è prodotto in performance che l’hanno visto affiancarsi a Ludovico Einaudi (Aversa 2000), Tuxedomoon (Napoli 2001), Michael Nyman (Capri 2005) e a numerosi altri protagonisti della scena musicale italiana e internazionale. 

A Girolamo De Simone, gradito ospite a Popular, abbiamo chiesto cosa ha rappresentato per lui in questi anni, eseguire e quindi divulgare le composizioni di Luciano Cilio. "Quando Luciano morì, nel 1983, dice Girolamo De Simone, scomparve anche uno dei principali riferimenti per la musica contemporanea nazionale. Cilio aveva intuito alcune delle modalità di sviluppo della composizione fin dal 1977, anno nel quale la EMI aveva pubblicato l’unico album da lui composto in vita, i Dialoghi del presente. Io lo avevo conosciuto nel 1981, grazie al mio Maestro Eugenio Fels, in occasione degli Incontri sull’Avanguardia e ricerca musicale alla storica Villa Pignatelli, a Napoli. Con un altro compagno di percorso, Gabriele Montagano, lo frequentammo ininterrottamente negli ultimi tre anni della sua vita, restando sconvolti quando, nella notte tra il 20 e il 21 maggio del 1983 Cilio decise di togliersi la vita, in modo drammatico, proprio il giorno dopo aver pubblicato un importante articolo sul Mattino intitolato 'L’armonia dissolta', con riferimenti a Schönberg e a Kandinsky. L’articolo prendeva un’intera pagina di cultura e doveva essere il primo di una serie di collaborazioni, aperte con quel quotidiano grazie all’illuminata visione e intermediazione del suo critico musicale di allora, Gianni Cesarini. In calce, dopo la firma di Luciano, appariva la scritta in corsivo: continua. Invece, purtroppo tutto si interruppe repentinamente e inaspettatamente". 

Nella sua dimensione di compositore Cilio è da considerare un autodidatta

È esatto: egli fu un geniale autodidatta. Le musiche dei Dialoghi provengono da laboratori creativi che conduceva con i suoi interpreti, seguiti da un capillare lavoro di missaggio audio. La mia scoperta di circa tre ore di musica inedita su un nastro lo hanno dimostrato. In altre circostanze, Cilio produceva invece delle partiture grafiche, vere e proprie semiografie musicali, laddove grafismi sostituiscono i parametri di notazione tradizionale. Le durate vengono indicate con linee, le altezze con grafici: si nota - qui - l’intrecciarsi della sua ricerca con Punto, linea, superficie di Kandinsky, il libro che fu poi amato da un altro grande musicista scomparso: Luca Flores. Da quel momento, come accaduto per altri personaggi della cultura partenopea, comincia la ‘rimozione’ di un personaggio ritenuto scomodo, uno che aveva osato capovolgere il discorso accademico, a partire dalla forza e dalla bellezza della sua musica e con argomentazioni storiche e sociologiche ineccepibili. Considerai quindi, quale obbligo etico, che la sua memoria inconciliata dovesse sortire ulteriori ‘approdi’, e restare nel tessuto vivo della città di Napoli quale fioritura meravigliosa e permanente. Così, cominciai un lungo percorso di riscoperta e pubblicizzazione del suo lavoro, a partire dalla digitalizzazione dell’unico vinile, e dall’esecuzione in pubblico delle sue composizioni, recentemente pubblicate dalle storiche e prestigiose Edizioni Simeoli, in mie versioni o trascrizioni con notazione tradizionale. Oggi, a distanza di quasi quarant’anni, moltissimi giovani possono finalmente ascoltare o studiare quella musica, e molti effettivamente la eseguono ai loro concerti, nelle scuole di musica e persino agli esami.

Lei ha avuto anche il merito di recuperare/restaurare il pianoforte che appartenne a Cilio

Più che merito preferisco parlare di circostanze che riguardano l’intreccio tra la mia ricerca quotidiana e la memoria vivente di Luciano. Come già avvenuto per la ristampa dei Dialoghi, per il ritrovamento delle lettere e la meta-composizione delle bobine inedite, poi pubblicate dall’etichetta Konsequenz col titolo I nastri ritrovati, anche il pianoforte di Luciano è arrivato dopo una serie di eventi che hanno coinvolto persone a me vicine, in particolare Paolo Uva. Sollecitato ad acquisirlo attraverso di lui dalla famiglia Cilio, ho ritenuto poi mio dovere farlo anche restaurare, grazie all’apporto risolutivo di Gennaro Mitilini, esperto accordatore e mio riferimento tecnico da molti anni. Attualmente si sta procedendo agli interventi necessari, come al solito senza alcun aiuto pubblico o istituzionale. Ritengo che si potrà poi portare in pubblico lo strumento e far ascoltare le musiche di Luciano Cilio sullo stesso strumento da lui usato per comporle.

A Spoleto in programma c'è stata anche una sua composizione e una di Siavash Beizai; vorrebbe parlarci dei due brani?  

Dato il periodo critico che stiamo attraversando, ho scelto i Persian Folksong di Beizai perché usa antichi Canti persiani d’amore e di guerra, trascrivendone i temi in notazione attuale, e con originalità armoniche e metriche. È un percorso molto simile a quello che ho intrapreso anch’io da alcuni anni, a partire però da melodie dell’antica Siria, dell’Armenia, del Tibet, o dagli Inni usati per la solmisazione da Guido d’Arezzo. Tengo poi particolarmente ad alcuni brani ispirati al mio territorio: musiche tradizionali per la Madonna dell’Arco o tratte da antichissime liturgie beneventane. Si parla dei primi secoli del cristianesimo e di suoni sui quali si è poi fondato tutto il nostro attuale sentire.

Quale importanza ha avuto per la musica e la cultura nel nostro Paese la città di Spoleto, cosa ha rappresentato e continua a rappresentare, secondo lei?   

Sono legato alla città di Spoleto, e in particolare ad alcuni suoi Santuari, presso i quali vengo in visita periodicamente. Dal punto di vista musicale ho incrociato più volte il mio percorso con gli esiti del lavoro di Gian Carlo Menotti, sia occupandomi come ricercatore della sua opera, che in forma mediata, attraverso il compositore Vittorio Rieti, che conobbi personalmente quando mi affidò la prima esecuzione assoluta delle sue Variazioni enarmoniche. Rieti aveva spesso interloquito con Gian Carlo Menotti, tanto che quest’ultimo gli suggerì la trama per l’opera The Pet Shop, sorta di satira musicale sulla New York di quegli anni (1956-57). Nello stesso periodo, Menotti portava a Washington e a New York "L’Unicorno, la Gorgona e la Manticora", a sua volta una satira sul conformismo, poi rappresentata anche a Spoleto nel 1970. 

Il recital al Museo Casa Menotti di Spoleto, comprendeva: Quadri – da "Dialoghi del presente" (1977), di Siavash BEIZAI: Canti d’amore e di guerra, da "Persian Folksongs” (1995). Dello stesso Girolamo DE SIMONE: Inni e antiche danze, da “Ai piedi del monte” (2009). 

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri